“Scusi prof….Ma questa poesia, questo Inno, come lo chiama lei, che senso ha?” guardo, perplesso, gli occhi neri. Per una volta, non vi brilla l’usuale luce maliziosa. La domanda è…seria.
Come che senso ha? Sto spiegando proprio questo da oltre un’ora…
” No prof… Lei è stato chiaro…ma quello che non capisco è perché Foscolo lo abbia scritto. Solo per mostrare quanto era bravo? Perché, sinceramente, non vi riesco a trovare altro senso…”
Capito. Non è un problema nuovo. Le Grazie, perché è di questo che stiamo parlando, fanno spesso questo effetto. Soprattutto perché vengono dopo la materia, magmatica, profonda, possente de I Sepolcri… E, inevitabilmente, vengono sentite come…fredde. Ricordo che capitò anche a me…un paio di vite fa…
Il problema è come spiegare, ora…
Vedi, la freddezza che ti sembra di avvertire è solo apparente. Certo, la materia è ben diversa da quella dei Sepolcri. Dove Foscolo si confrontava con il tema della Morte. La grande paura. Quello cui nessuno vorrebbe mai pensare….e alla quale, però, siamo tutti destinati. Prima o poi…
“No jettatore da niente er sor Foscolo!” e il Boro si esibisce in vistosi, (e volgari) gesti apotropaici. Con danza rituale dietro al banco e coro dei coatti. La classe esplode in una fragorosa risata.
Sorrido e lascio fare. In fondo…beh è meglio così. Che esorcizzino la paura. Gliene abbiamo già inoculata sin troppa in questi ultimi anni.
Poi, quando torna il silenzio…
Ma se nel Carme ha parlato della Morte, nel triplice Inno alle Grazie vuole parlare di ciò che sconfigge la morte. Ovvero della Bellezza. E, inevitabilmente, dell’eros.
“Ma prof…che c’entra l’eros con la bellezza?” la glaucopide.
“Eccome che c’entra…. C’entra e tanto….. Mica te ispira sesso na racchia… Ce vo’ una Bonona… Un pezzo…” lo blocco con un gesto. La glaucopide scuote la testa. Sembra sconsolata…
Intanto io parlavo di eros, e non di sesso. Che semmai ne è il portato a livello animale. Ovvero il tuo livello…
(risate generali. Il Boro, con fare istrionico, spalanca le braccia…).
Le Grazie sono, in origine, Dee legate alla Natura. Al suo potere di rigenerarsi, di rifiorire, di dare nuovi frutti. Questo è Eros. Ed è Bellezza. Indissolubili l’uno dall’altra…
Rappresentavano i vari aspetti di entrambi. Germinazione, crescita, fruttificazione. E quindi l’amore puro, l’amore affettivo, l’amore sensuale.. Tre, secondo la tradizione più accreditata. Ma danzano sempre in cerchio. Come nella Primavera di Botticelli. O nel gruppo marmoreo del Canova. Al quale il Foscolo dedica il suo inno.
Danzano in cerchio, perché le tre forme dell’amore sono strettamente legate l’una all’altra. Così come i tre aspetti della Bellezza. Armonia, splendore, purezza di forme. Un solo aspetto sarebbe… insufficiente. Solo nel cerchio, nel perfetto coordinamento fra le tre che Danzano si può raggiungere la completezza. E, quindi, superare la Morte. Perché la Morte viene dalla incompiutezza. Dalla imperfezione. È essa stessa imperfezione. Ciò che è perfetto, la Natura, la Bellezza, l’Amore non conosce morte. Perché sempre si rigenera e rinasce.
Faccio silenzio. E li guardo. Al solito qualcuno dorme con gli occhi aperti. Il coatto palestrato fissa basito la mora…molti, però, mi danno quasi un’impressione di stare…pensando. Ma probabilmente mi sbaglio…
Poi, la mora.
“Ma allora prof questa Bellezza perfetta, per essere tale, deve racchiudere tutte e tre le Grazie.. E anche l’amore deve trovare in una donna tutti e tre gli aspetti che diceva… In una sola davvero?” e lo sguardo si fa, come sempre, ironico e ammiccante.
Mi metto a ridere.
Certo, questo in teoria. In pratica…
” In pratica prof? ”
Beh se guardiamo proprio alla vita di Foscolo…mentre scriveva il nucleo centrale delle Grazie, nella villa di Bellosguardo, sopra Firenze, di amanti ne aveva…tre. E le amava tutte e tre appassionatamente. Anche se in modo diverso…
” Gajardo sto Ugo…mica ce lo facevo così..” il Boro appare davvero ammirato.
Oh, se è per questo di amanti ne ha sempre avute. E molte. Ma queste tre hanno davvero evocato ai suoi occhi il mistero delle Grazie. Erano donne reali, in carne ed ossa..
(glisso sul commento del Boro a proposito della “carne”)
ma erano divenute ai suoi occhi un simbolo. O meglio, la manifestazione di tre figure mitiche.
Suona la campanella. Mi avvio verso la porta. Ma…la mora, ovviamente, vuole l’ultima battuta
“Ma a lei prof è mai capitato di trovare tutto questo in una sola donna, o ha dovuto, per forza, amarne più di una contemporaneamente?”
La guardo. Sta ridendo. Mi metto a ridere anch’io.
Esco.