Nel consueto intervento della talpa del lunedì su questa testata, la scorsa settimana ho fatto riferimento al dPR 585 del 1958 con cui è stato introdotto nella scuola italiana l’insegnamento dell’educazione civica.
La talpa prova oggi a intervistare con l’immaginazione Aldo Moro, autore di quel provvedimento che oggi potrebbero costituire il maestoso programma di educazione civica dei giovani italiani (tranquilli governanti: la talpa non vi criticherebbe se copiaste l’Allegato 1 del dPR 585/1958; se può esservi utile chiedete il file alla redazione di questa testata, poi schiacciate i tasti ctrl+c e parte della vostra riscossa politica è realizzata).
L’intervista (le risposte del Presidente Moro in corsivo sono la fedele riproduzione del contenuto dell’Allegato 1 al dPR 585/1958 di cui è stato l’Autore).
Talpa – Presidente Moro, che obiettivi si è proposto quando ha introdotto l’insegnamento dell’educazione civica?
MORO – Soddisfare l’esigenza che tra Scuola e Vita si creino rapporti di mutua collaborazione.
Talpa – La Sua risposta è una lezione già a partire dallo scrivere Storia e Vita con le iniziali maiuscole: è un potente segno grafico che racchiude un elevato programma culturale. L’incisività delle idee e la loro sintesi comunicativa non Le mancavano certo.
I temi – poi ci dirà quali – dell’educazione civica sono già contenuti negli insegnamenti delle scuole secondarie, perciò non sembrerebbe esservi la necessità di un insegnamento autonomo.
MORO – Le singole materie di studio non bastano a soddisfare tale esigenza, specie alla stregua di tradizioni che le configurano in modo particolaristico e strumentale. Può accadere infatti che l’allievo concluda il proprio ciclo scolastico senza che abbia piegato la mente a riflettere, con organica meditazione, sui problemi della persona umana, della libertà, della famiglia, della comunità, della dinamica internazionale.
Talpa – La Scuola (ho imparato la Sua lezione e d’ora in avanti userò la S maiuscola ogni volta che scriverò la parola Scuola per sottolinearne la priorità), quindi, non è solo l’occasione di trasmissione del sapere, genericamente inteso, e meno che mai di trasmissione del sapere applicato che predisponga i futuri lavoratori ai “tempi moderni”. Ho compreso correttamente?
MORO – La Scuola giustamente rivendica il diritto di preparare alla vita, ma è da chiedersi se, astenendosi dal promuovere la consapevolezza critica della strutturazione civica, non prepari piuttosto solo a una carriera.
Talpa – Capisco che secondo Lei (ma anche nei meandri della mia comunità animale) le 3 “i” non sono un sufficiente programma di formazione scolastica.
MORO – Oggi i problemi economici, sociali, giuridici, non sono più considerati materie di specialisti.
Talpa – Eppure gli insegnanti sono selezionati proprio in funzione della loro specifica conoscenza e, sulla base di quella, dell’abilitazione a insegnare alcune materie e non altre.
MORO – Ogni insegnante prima di essere docente della sua materia, ha da essere eccitatore di moti di coscienza morale e sociale.
Talpa – L’insegnante è prima di tutto un educatore, quindi.
MORO – In rapporto al primo ciclo (11-14 anni) della Scuola secondaria è da tener presente che l’influenza dei fattori sociali è dominante. Mentre, però, la scoperta dei valori estetici, morali, religiosi, è immediata, quella dei valori civici è più lenta ed incerta per cui, se a questi ultimi manca un ausilio chiarificatore, non è improbabile che essi restino allo stato embrionale.
Talpa – L’insegnante/educatore è allora colui che instaura il rapporto di collaborazione tra Storia e Vita con cui Lei ha avviato la nostra intervista.
MORO – L’educatore non può ignorare che in questo delicato periodo si pongono premesse di catastrofe o di salvezza, le quali, se pur lontane, hanno segni premonitori, che occorre sapere interpretare. …
L’azione educativa, in questa fase di sviluppo psichico, sarà indirizzata a costituire un solido e armonico equilibrio spirituale, vincendo incertezze e vacillamenti, purificando impulsi, utilizzando e incanalando il vigore, la generosità e l’intransigenza della personalità giovanile.
Talpa – Una responsabilità immensa che attribuisce al ruolo sociale dell’insegnante/educatore una centralità che, invece, gli viene riconosciuta a fatica.
Per essere sicuro di avere colto la profondità (dimensione indispensabile per noi talpe) del Suo programma, Le chiedo di entrare nello specifico dell’insegnamento dell’educazione civica in rapporto alle altre materie del programma della Scuola secondaria.
MORO – Alcune materie di studio, come la filosofia, il diritto, l’economia hanno tematica civica ricchissima, e, per così dire, diretta. La storia della libertà traluce dalle pagine di queste discipline.
Talpa – Si riferisce in particolare ai “classici”, immagino.
MORO – Platone nel libro VIII della “Repubblica” potrà per esempio farci comprendere l’evoluzione di certe democrazie attuali. Seneca sa farci vedere come la società riduce in diritto il privilegio e l’ingiuria.
Talpa – Autori che si studiano nei programmi delle lettere classiche, della filosofia e della storia, appunto. Mi pare di comprendere che Lei però non lo ritenga sufficiente rispetto all’obiettivo che si è proposto.
MORO – II processo di conquista della dignità umana nella solidarietà sociale è, nei suoi momenti fondamentali, presente nella cultura scolastica ma occorre renderlo chiaro e vivo nei giudizi e negli assetti degli alunni onde ogni comunità, da quella familiare a quella nazionale, non sia considerata gratuita ed immutabile.
Talpa – L’insegnamento è perciò coltivare lo spirito critico, prezioso strumento per difendere il presente e conquistare il futuro.
MORO – La consapevolezza dunque che la dignità, la libertà, la sicurezza non sono beni gratuiti come l’aria, ma conquistati, è fondamento dell’educazione civica.
Talpa – Acqua e aria sono importanti beni comuni ma i valori fondanti della convivenza civile, a partire dalla centralità della persona, sono beni indisponibili, nucleo e componenti essenziali di qualsiasi cosa e principio cui una comunità intende dare valore. E’ così?
MORO – La tendenza a vedere nel gruppo una struttura naturalistica è costante negli alunni, che credono di vivere nella propria comunità come nel paesaggio, del quale non è possibile mutare natura. L’organizzazione della vita scolastica va intesa[aggiunta della talpa] come viva esperienza di rapporti sociali e pratico esercizio di diritti e di doveri. …
Trarre appunto l’alunno dal chiuso di questo cerchio, dove non è visibile raggio di libertà nè moto di ascesa, è obbiettivo primario.
Talpa – E come suggerisce di fare?
MORO – Si potrà cominciare col muovere la fantasia degli alunni mediante immagini rovesciate, tali cioè da mostrare la loro vita e quella dei loro cari scardinata dalla tutela invisibile della legge, o proiettata in un passato schiavista, o mortificata dall’arbitrio e dall’insolenza di caste privilegiate, o alla mercè dell’avidità, della violenza e della frode.
Talpa – E’ sufficiente che i ragazzi leggano i giornali e trovano tutto ciò, in ogni parte del mondo.
MORO – Ma il desiderio di “essere un cittadino” più o meno consapevole è radicato nei giovani, connaturale alla loro personalità, ed è un dato fondamentale positivo per la loro completa formazione umana.
Talpa – Grazie Presidente, e non si dimentichi di noi che siamo ancora qui, acquattati nelle nostre tane, a trarre insegnamenti dai Suoi scritti e dal Suo impegno.
1 commento
Bellissima questa intervista immaginaria. Anche chi come me non aveva una passione per Moro non può non apprezzare il suo intento di valorizzare i valori civici. E a maggior ragione nella situazione attuale di sfascio civile e morale.
Noto però una certa discrasia fra il tono delle domande – ricordiamo, scritte in realtà dopo e non prima delle risposte, e a distanza di 60 anni – e quello delle risposte. Le domande implicano una concezione schiettamente liberale, le risposte invece rivelano, come ovvio, una concezione sociale, cattolica, anche un po’ paternalista. Una concezione assolutamente legittima, che oggi è sfociata in quella che viene detta comunitaria, ma che non è quella liberale, anche se naturalmente ha ampie aree di sovrapposizione in quelli che sono valori comuni della nostra civiltà. E comunque questa differenza di posizioni rende il dialogo ancor più interessante.