Chi scrive romanzi inserisce spesso (quasi sempre) qualche elemento autobiografico nelle storie che racconta. Ne “La memoria della cenere” (NNEditore) c’è forse molto dell’autrice, Chiara Marchelli.
Aostana, studi universitari a Venezia, poi la fuga a New York dove insegna all’Università e scrive libri.
Intervistata da Elisabetta Bucciarelli all’Hotel Castor di Champoluc, nell’ambito della rassegna Monterosa racconta, Marchelli ricorda la sua voglia di abbandonare la provincia, le montagne che circondano Aosta, per cercare la sua frontiera, la sua libertà individuale. Ma dopo 20 anni di America rispunta la voglia di recuperare le radici, riscopre o forse scopre per la prima volta il fascino delle sue montagne (pur continuando a lavorare a New York).
Il romanzo, ovviamente, è diverso e la protagonista non torna a casa ma si limita ad avvicinarsi. In fondo storia vera e romanzo hanno in comune la realtà di tanti italiani che non se ne vanno con la valigia di cartone, non sono “migranti”, ma sono cervelli in cerca di altre vite, altre opportunità. Impoveriscono la propria terra, rinunciando a fornire un contributo qualificato, ma la loro realizzazione individuale è più importante di ogni altro aspetto.
Dunque il romanzo di una generazione o, perlomeno, di una parte di una generazione. Che è alle prese con rapporti irrisolti con il proprio ambiente esterno e con la propria famiglia. Con le radici. Perché la verticalità dei grattacieli di New York ha poco in comune con la verticalità del Bianco o del Rosa. Ed i rapporti nelle famiglie americane, ha sottolineato Marchelli, sono molto diversi da quelli delle famiglie italiane.
Nel romanzo non manca, infine, un aspetto legato all’ambiente, incombente e minaccioso come un vulcano. Che obbliga ad affrontare tutte le questioni irrisolte con il compagno ed i genitori della protagonista.