I grandi esperti di comunicazione, non solo quella politica, sostengono che una menzogna ripetuta parecchie volte diventa una verità. Forse non è più così.
Il disgusto generale per la disinformazione politicamente corretta ha prima portato al crollo di vendite dei quotidiani ed ora all’ironia generale di fronte alle notizie dei tg e alle affermazioni del politico di turno.
In passato si era favorevoli o contrari, entusiasti o disgustati. Ora il potere, esplicitato attraverso i media di servizio, viene preso in giro. Non una satira, più o meno arguta, ma una pernacchia, uno sberleffo.
Lo si è notato anche in relazione all’ultima strage provocata in Canada da un automobilista. Non appena è arrivata la notizia, sui social si sono scatenati i commenti, tutti dello stesso tenore: “Scommettiamo che il responsabile sarà un cittadino canadese, dal cognome non canadese, ovviamente con turbe psichiche e senza alcuna finalità di terrorismo?”. Pochi minuti e, immancabilmente, le autorità canadesi hanno rispettato alla lettera il copione. Che, in questo caso, forse è persino vero.
Ma, a maggior ragione, i responsabili delle comunicazioni ufficiali dovrebbero cominciare a porsi delle domande. Magari potrebbero partire con la lettura di una vecchia favola, quella del pastore che gridava “al lupo!” quando il lupo non c’era. Con il bel risultato di non essere creduto quando l’animale arrivò a far strage delle sue pecore.
Autorità e media di servizio hanno ormai l’abitudine di presentare come atto di un folle qualsiasi strage. Negano a priori ogni legame con il terrorismo, cercano di tener nascoste le generalità dell’assassino garantendo che si tratta di un cittadino del Paese dove è avvenuta la strage.
Peccato che il cittadino francese non si chiami mai Dupont, o Muller in Germania, o Smith in Gran Bretagna. A Torino i responsabili del panico in una piazza di Torino, con un morto e mille feriti, sono italiani ma non si chiamano Rossi o Bianchi.
Ormai tutti hanno capito il lercio gioco della censura a senso unico. Non comprano più giornali e sghignazzano davanti alla disinformazione televisiva. Ma l’irrisione si estende dai giornalisti alle autorità di ogni livello. Le menzogne delegittimano il potere, lo privano di autorevolezza, di credibilità.
In una continua confusione tra ciò che è vero e ciò che è falso si finisce per considerare tutto falso. Non sono le condizioni migliori per affrontare un risanamento, anche e soprattutto morale, di un’Italia allo sbando.