Qualcuno ricorderà la figura di palta dell’allora ministro Padoan che non riuscì a rispondere ad una domanda facile facile relativa al prezzo di un litro di latte. Probabilmente lo stesso imbarazzo caratterizzerebbe l’attuale governo o i vertici di ogni settore di questo disastrato Paese.
Perché tutti sono impegnati a tranquillizzare la popolazione a proposito dei rifornimenti alimentari ma poi paiono dimenticare che la produzione agricola inizia nei campi e non nelle fabbriche.
E nei campi, con l’Elsavirus, le difficoltà non mancano.
“Il problema che tra qualche settimana ci troveremo ad affrontare in misura preponderante – spiegano a Confagricoltura Piemonte, ma vale per ogni regione – sarà quello delle operazioni colturali nei vigneti, nei frutteti e negli orti. Lavorazioni che, per ovvi motivi, non possono essere procrastinate e che richiedono di un notevole apporto di manodopera. Già attualmente le imprese specializzate nella fornitura di servizi chiavi in mano per le operazioni colturali lamentano l’indisponibilità di personale da dedicare a questo tipo di attività, mentre si prospettano difficoltà significative, per non dire insormontabili, per quanto riguarda il reperimento di manodopera straniera”.
In altri termini le attuali normative antivirus sono pensate per le città e le fabbriche, ma non per il mondo agricolo. “Occorrerà perciò – proseguono a Confagricoltura – individuare modalità di superamento della situazione, anche tramite la concessione di deroghe specifiche, pur nel pieno rispetto delle indicazioni sanitarie vigenti, per far sì che si possano garantire le operazioni colturali in campo”.
In particolare la situazione del comparto latte è problematica. I caseifici e le industrie di trasformazione oggi ritirano con difficoltà il latte prodotto, proponendo agli allevatori un abbassamento dei prezzi e suggerendo loro di ridurre la produzione.
“Com’è comprensibile non si può pretendere di limitare in modo netto come richiesto da talune industrie (indicativamente del 30%) la produzione di latte delle mandrie senza ricorrere ad abbattimenti selettivi, rischiando così di distruggere un patrimonio zootecnico che nella maggior parte dei casi è di alta genealogia e di grande qualità”.
Sono in crisi anche le attività agrituristiche, gli enoturismi e le fattorie didattiche: quest’ultime, sia per il blocco delle scuole, sia per le restrizioni che sono state poste alla mobilità delle persone, hanno dovuto sospendere l’attività, con significativi danni.
Anche il comparto florovivaistico subisce pesantemente la crisi. L’emergenza ha costretto i garden center agricoli a chiudere il punto vendita e anche le attività di manutenzione del verde sono pressoché bloccate. Le imprese devono però continuare a coltivare le piante, accudendole quotidianamente, altrimenti rischiano di perdere tutto, anche se si teme che alla fine saranno costrette a svendere i loro prodotti.
Il comparto enologico regista gravi difficoltà a livello commerciale. Il mercato nazionale è praticamente fermo, mentre le esportazioni sono pressoché bloccate. Le attività produttive, in vigneto e in cantina, devono continuare e ben presto le imprese si troveranno in estrema difficoltà, a causa della mancanza di liquidità, nel pagamento delle forniture, dei servizi, dei salari e degli stipendi.