“Paesaggio con rovine”. Una raccolta di scritti di Piero Buscaroli. Il Buscaroli sospeso tra meditazione storica e vis polemica. Che medita sul presente da grande, e orgoglioso, Reazionario (per altro il titolo della rivista che aveva fondato a soli 24 anni), e che evoca suggestioni del passato, con una penna di rara eleganza e forza. La stessa eleganza e forza che ritroviamo nei suoi capolavori. I grandi studi su Bach, su Mozart. L’immane fatica del suo Beethoven.
Perché era un grande musicologo, passione inscindibile da una, aristocratica, visione della vita.
Che lo portava a guardare con lucido disincanto la rovina di un mondo. Che aveva visto crollare dalla sua giovinezza in poi.
Profetico, a suo modo. E mi chiedo, oziosamente, che direbbe, che scriverebbe oggi. Buscaroli è andato oltre nel 2016. Per quelli come lui, pochi purtroppo, dire “è morto” è improprio.
Chissà se l’idea del titolo, quel “Paesaggio con rovine”, non sia sorta dalla memoria della sua, antica, frequentazione, con Julius Evola. Che proprio Buscaroli aveva chiamato a collaborare al “Roma”, quando il Barone era oggetto del generale ostracismo.
“Gli uomini e le rovine”. Una sorta di breviario, di libro da zaino, per una generazione. Minoritaria, certo. Ed emarginata. I figli di quelli che avevano perso la guerra. I rejetti della Storia. Che, notoriamente, viene sempre scritta dai vincitori. O da coloro che con i vincitori si schierano. Che sono anche peggio.
Non il miglior Evola, col senno di poi. Ormai da molto tempo i libri del Barone che preferisco sono altri. Quelli sull’idealismo magico. Sull’individuo assoluto. L’Uomo come potenza. La Tradizione Ermetica. L’Evola ricercatore dello Spirito. Sostanzialmente impolitico. Scelte, preferenze dettate da percorsi personali. Come sempre accade. Tuttavia quegli Uomini in piedi fra le rovine mantengono un forte potere di suggestione. Opera pedagogica. Formativa.
Già, formativa… Ma chi, poi, ha formato? O che cosa ha lasciato come retaggio ai giovani che la leggevano, e poi gonfiavano il torace, sognando, e cantando, la bella morte. L’eroismo dei solitari. Il ritorno dal Walhalla quando, come dice la Volupsà, la Bestia irromperà, e Loki chiamerà la danza delle spade?
E soprattutto, dove sono, ora, quei giovani?
Invecchiati, certo. Almeno quelli sopravvissuti. I capelli grigi. L’adipe. I dolori reumatici…
Ma detto questo, il loro spirito dov’è? Non certo nella grande sala di frassino, ove si provano le asce e si attende che la Nave di Hel prenda il mare. L’impressione, triste, è che sia ormai in vacanza a Dubai. A mangiare la pizza. A preoccuparsi per la propria salute se vede, a venti metri, un giovane, pericoloso untore, che gira senza mascherina..
Le rovine? Certo le si vede se non si è ciechi. Tali che neppur Evola avrebbe potuto immaginare. Ma starvi in mezzo in piedi… non è cosa. Meglio trovarsi un cantuccio caldo e riparato. E cercare di sopravvivere. O, addirittura inseguire il, prezioso, consenso sociale. Non fare i bastian contrari. O, come si dice ora, i Negazionisti.
Raccontano che il Barone dicesse, ai giovani aspiranti eroi, “Vi aspetto alla soglia dei trenta..”. Allora si vedrà di che pasta siete fatti.
Beh, la mia generazione ha passato ormai la soglia dei cinquanta e anche quella dei sessanta..
Le rovine sono intorno a noi. Mai così imponenti. Mai così devastate.
Ma è un paesaggio, appunto. Senza figure umane. Rovine senza uomini.