Le sanzioni fanno scricchiolare la coesione sociale. Perché i costi cominciano a diventare eccessivi, difficili da sopportare per le famiglie chiamate a fare sacrifici proprio come conseguenza delle sanzioni imposte da Washington e, di riflesso, dai maggiordomi europei di Biden. Dunque la coesione vacilla. A Mosca? A San Pietroburgo? Sì, ma anche in Italia. Dove, ad esempio, Confindustria Sardegna ha già attaccato gli autotrasportatori sardi, colpevoli di voler difendere il proprio lavoro dagli aumenti ingiustificati ed intollerabili del prezzo dei carburanti.
Ma non è neppure il primo caso, benché i media di regime siano strenuamente impegnati a nascondere tutto ciò che può gettare ombre su una narrazione di uno squallore e di una faziosità ai massimi livelli. Forse i chierici degli atlantisti erano troppo impegnati a nascondere le vittime civili russe del Donbass, spacciandole per ucraine, per poter trovare il tempo per raccontare che l’inflazione non verrà interamente recuperata negli stipendi e nelle pensioni. Dunque il potere d’acquisto delle famiglie si ridurrà. Ovviamente gli opinionisti degli ex grossi quotidiani hanno già chiarito che è giusto che gli italiani si sacrifichino per obbedire agli ordini di Biden.
Tanto loro, gli opinionisti, guadagnano così tanto da non accorgersi degli effetti dell’aumento dei prezzi. Mentre le famiglie con retribuzioni “normali” dovranno tagliare tutto ciò che può essere considerato superfluo. E le conseguenze ricadranno sull’abbigliamento, sulla ristorazione, sul turismo. Creando sacche di scontento sempre più vaste.
Non basta nascondere che il leggero taglio delle accise sul carburante si dovrà pagare, prima o poi. Che i soldi del Pnrr se dovranno essere dirottati sull’emergenza – come pretende Bonomi, presidente di Confindustria – non creeranno quello sviluppo indispensabile per ripagare i debiti del Paese. Che eventuali e probabili crisi aziendali saranno seguite da licenziamenti, chiusure di imprese, cassa integrazione. Che i profughi, doverosamente aiutati, rappresentano un costo che sarà pagato da tutti.
Ma se la crisi diventasse sempre più dura, potrebbero iniziare a serpeggiare alcuni dubbi, alcune perplessità sulle strategie del governo dei Migliori. Perché l’Italia atlantista che scippa gli yacht e le ville ai russi colpevoli di non sputare addosso a Putin, è la stessa Italia dove un ministro assicura che gli aumenti dei prezzi sono frutto di una speculazione ma nessuno sequestra le aziende degli speculatori. È la stessa Italia dove ai responsabili della strage del ponte Morandi di Genova vengono offerti miliardi pubblici per riprendere il controllo dell’autostrada. Dove si continuano ad aiutare le aziende che spostano la sede all’estero, togliendo risorse all’Italia. Dove le multinazionali statunitensi pagano tasse estremamente ridotte rispetto ai concorrenti italiani.
Però i sequestri riguardano esclusivamente le proprietà dei russi che avevano avuto la pessima idea di investire in Italia, di voler trascorrere le vacanze in Italia spendendo e spandendo. Russi che creavano posti di lavoro in Sardegna, ma alla Confindustria isolana non interessa. Come non interessa che i responsabili degli aumenti dei prezzi siano magari associati alla confederazione degli industriali. Però agli autotrasportatori interessa, eccome. Ed interessa che siano loro, i lavoratori, a pagare per scelte che passano sulla loro testa.