Dunque… approfittando di una, momentanea, assenza di mio figlio, ho preso una decisione… difficile.
Mettere in ordine la sua camera.
Oddio, lui dice di tenerla in ordine, chè, ormai, è abbastanza maturo e autosufficiente…. così, almeno, prima di partire.
“Non ti preoccupare, papà… è tutto a posto”.
Ma avete mai provato a spostare il letto, o aprire l’armadio nella camera di un sedicenne?
Vi garantisco che è… un’ esperienza. Non riesco a trovare altra definizione.
Sotto il letto i detriti di una vita. Manco fosse la battigia dove la risacca del mare porta i relitti di molti naufragi.
Incarti di biscotti… fogli di carta disegnati a metà… vecchi quaderni di scuola. Bottigliette di succhi. Giornaletti. Un libro di cucina. Un cavo (che credevo perduto) di ricarica telefonica. Un collare da gatti…. un manubrio del peso di tre chili…
L’armadio, poi, appena aperto rigurgita contro di me un agglomerato di felpe, maglie, giubbotti, coperte, un pupazzo che risale alla sua infanzia, un berretto mai portato, un guanto da neve, un paio di pantaloncini corti (che detesta)….
Mi guardo intorno, desolato. La stanza è d’improvviso divenuta una perfetta allegoria del Caos primigenio. Dove vi è tutto… ma tutto è indistinto. Confuso.
Mettere ordine… non sono una casalinga esperta. Solo un padre, come si dice oggi, single. E sinceramente stento a capire dove devo mettere mano.
Così, mi viene in mente un mito.
Già, perché quando sei aduso, da una vita, a filtrare la realtà circostante attraverso miti, leggende, antichi racconti…bbeh questo ti viene spontaneo. Anche nei momenti meno opportuni.
E così mi ritrovo a contemplare il disastro… e a pensare alle Stalle di Augìa.
Una delle fatiche di Eracle. La quinta, a voler essere precisi.
Augìa… un re mitico, del popolo degli Elei (o Epei). Possedeva un numero di armenti sterminato. E le sue stalle erano così piene di letame che gli sciami di mosche oscuravano il sole. Eracle le pulì in un solo giorno. Senza sporcarsi le mani, ma deviando il corso dei fiumi Peneo e Alfeo. E facendo irrompere le loro fresche acque nelle stalle. Trascinando via tutto il letame accumulato. E lasciandole pulite.
Poi, Augìa si rifiutò di pagare il prezzo pattuito. Un decimo degli armenti. Eracle gli mosse guerra. E lo uccise.
Un mito che mi ha sempre colpito. Perché strano. Anomalo. L’Eroe non deve affrontare mostri, l’Hydra, il Leone Nemeo… ma pulire, a fondo, delle stalle. In cui si è accumulato letame per innumerevoli anni.
Non lo fa scavando con mani e pala. Ma deviando due fiumi.
Scaltro, indubbiamente. Ma non è solo questo.
Immaginatevi le stalle. Gigantesche. Orribili. Disgustose. Il loro tanfo che ammorba l’aria. Gli sciami, immensi, di mosche. Il più disgustoso degli insetti. Non per nulla, il Diavolo verrà chiamato il Signore delle mosche. Dal Baal Zebù dei popoli contro i quali lottavano i giudici ebraici.
Le stalle sono un’immagine dell’abisso. Delle profondità dell’anima. O della psiche, se preferite… tanto è sempre la stessa cosa.
In queste origini giace ogni abiezione. Ogni segreto colpevole e disgustoso. Sono asfittiche, prive di luce ed aria. Nauseabonde.
Nessuno può pulirle entrandovi e spalando tanto… letame. Nessuno può entrarvi e restare incontaminato.
L’unica possibilità è agire da… fuori. Da un altro piano. Dove non vi è letame. Dove non arrivano mosche e tafani.
I fiumi. Puri. Cristallini. Qualcosa, un qualcosa che irrompe da fuori. Da un altrove che non è contaminato dai moti della psiche. Un pensiero, o meglio un pensare svincolato dai moti psichici. Dagli abissi dell’anima. Soggettiva e oscura.
Massimo Scaligero ha scritto molte pagine, molti libri su questo”pensare” che irrompe, purificando le stalle mefitiche che sono in noi.
Ma Massimo era un Maestro. Autentico. Uno dei pochi. E degli ultimi. Parlava, e scriveva, per esperienza viva. Non per cultura o intelligenza delle cose.
Per me queste sono, solo, associazioni mentali. Frammenti, nella memoria, di discorsi letti. E di parole ascoltate.
E miti, naturalmente. Che divengono lenti per leggere l’esistente.
Mi riscuoto dai pensieri che mi stavano assorbendo. Da quella dimensione… mitica in cui mi ero assorto.
E mi accorgo che la stanza di mio figlio è, ora, sostanzialmente in ordine.
Devo aver lavorato soprapensiero.
E, forse, proprio per questo sono riuscito davvero a pulire e porre in ordine quel caos…
Senza rendermene conto, devo aver deviato il corso di un qualche fiume…