La superstizione nella storia dell’essere umano ha origini ben lontane. L’uomo primitivo infatti si avvaleva già di molteplici superstizioni per spiegare fenomeni di cui ancora non aveva conoscenza. Con l’avvento della scienza e con una chiara risposta ai fenomeni, però, le superstizioni hanno continuato a farsi strada. Vediamo quindi quali sono le superstizioni più famose, soffermandoci sulla loro storia e scoprendo le loro origini.
L’origine e la storia delle superstizioni
Con il termine “superstizione” si intende l’insieme di credenze e pratiche fondate su presupposti magici o soprannaturali. Secondo gli archeologi, l’uomo di Neanderthal fondò la primissima superstizione: la vita nell’aldilà. Spiritualità e superstizione sono infatti spesso associate.
L’uomo primitivo si avvaleva di superstizioni per spiegare fenomeni di cui ancora non aveva conoscenza. Questi avvenimenti venivano collegati spiriti invisibili e figure soprannaturali. Per proteggersi, l’uomo iniziò a cercare degli amuleti che ne contrastassero l’energia negativa. I primi che parvero funzionare venivano ricavati da ossa, denti o corna di animali. Questi oggetti davano al detentore un senso di sicurezza oltre che di fiducia sul futuro. Al tempo stesso, però, vi erano anche oggetti e azioni che avrebbero prodotto il risultato del tutto opposto.

Le superstizioni più famose
Le uniche a non passare mai di moda, ad essere tramandate di generazione in generazione e ad incutere timore a prescindere dall’età: le più famose superstizioni. Queste si potrebbero riassumere con tre accortezze: tornare indietro se davanti a noi dovesse attraversare la strada un gatto nero, prestare attenzione al venerdì 17 in quanto questo giorno potrebbe attrarre energia negativa e sperare che uno specchio, in caso di caduta, non si rompa.
L’eptacaidecafobia: la superstizione del numero 17
La fobia di questa fatidica data è riconosciuta e ha un nome preciso: eptacaidecafobia. Il venerdì è associato alla sfortuna poiché giorno della morte di Cristo. Per quanto riguarda il numero 27, invece, la questione si fa più complessa. Essendo in mezzo al 16 e al 18, numeri perfetti per gli antichi greci poiché rappresentazioni dei quadrilateri 4×4 e 3×6, il numero 17 non era amato da Pitagora. Nell’Antico Testamento, inoltre, è scritto che il diluvio universale cominciò il 17 del secondo mese.
Questo numero potrebbe essere anche associato alla battaglia di Teutoburgo del 9 d.C. combattuta tra Romani e Germani. Lo scontro finì con la distruzione delle legioni 17, 18 e 19. Questo numero ebbe un’infausta fama anche nel Medioevo: l’anagramma di “XVII” può essere “VIXI”, che significa “vissi”, sinonimo di “sono morto“, trascritto su ogni lapide dell’antichità. Per contrastare l’energia negativa che secondo i più superstiziosi questo giorno può calamitare, vi sono però una serie di azioni da evitare…
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Perché rompere uno specchio porta sfortuna
Già all’epoca dei romani rompere uno specchio era considerata una disgrazia, e già allora gli anni da scontare prima di dissolvere la sfortuna erano 7. Ai tempi, si credeva che ogni superficie riflettente fosse una chiara rappresentazione dell’anima. La rottura di una di queste innescava quindi una serie di proprietà magiche che avrebbero compromesso la salute dell’individuo.
Un’altra leggenda narra invece che durante le veglie funebri le anime dei morti vengano imprigionate negli specchi: in caso di rottura, lo spirito sarebbe libero di uscire e muoversi. Dietro ogni superstizione, vi è quasi sempre una motivazione più pratica e tangibile. Gli specchi nei secoli passati erano oggetti di valore, romperne uno significava perdere parecchi soldi.

Ma perché gli anni di sfortuna sono proprio 7? E’ un numero che ricorre spesso nella propria vita, e tutti noi conosciamo i 7 peccati capitali. Tra questi, vi sarebbe proprio la superbia nello specchiarsi. Vi sono rimedi alla rottura di queste superfici e molte di queste si avvalgono di elementi naturali: acqua e sole.
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Perché si dice che i gatti neri portino sfortuna
Quella dei gatti neri è sicuramente una tra le superstizioni più famose: nel medioevo erano considerati gli amici a quattrozampe delle streghe, nonché addirittura loro discendenti. Il gatto nero, forse per il suo colore, era associato alla morte e agli inferi. Con il passare dei secoli, la loro fama non ebbe notevoli miglioramenti.
Questa malasorte associata ai gatti neri ha anche a che fare con i carri dell’epoca trainati dai cavalli: un gatto nero che attraversava la strada era difficile da vedere, poteva così spaventare i cavalli e far cadere la merce. Un’altra versione afferma invece il fatto che i gatti neri portino sfortuna poiché chiaro segnale dell’arrivo dei pirati: questa tipologia di gatti fino a qualche secolo fa, non esisteva in Europa. Il loro arrivo pronosticava quindi barbarie e saccheggi da parte dei corsari.

Fortuna vuole che questi poveri animali non siano considerati portatori di iella da parte di tutti i Paesi, ma anzi: in Giappone, Scozia e Lettonia i gatti neri sono associati a fortuna, ricchezza e prosperità. Anche per i celti e gli antichi egizi questi esseri erano di vitale importanza.
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Le conseguenze delle superstizioni possono essere positive e negative
La superstizione ha aspetti positivi e negativi. Per quanto riguarda i primi, i rituali ad essa associati possono dare più sicurezza agli individui, far credere di avere un maggior controllo sulla situazione e, in certi casi, migliorare anche un’eventuale prestazione.
Ahimè vi sono però anche drastiche conseguenze negative: la superstizione può diventare un vero e proprio disturbo ossessivo-compulsivo riferito ad azioni, formule e comportamenti che, nella mente del soggetto, aiuterebbero a prevenire situazioni negative. Negli ultimi anni diversi trattamenti si sono rivelati essere efficaci nella cura del disturbo ossessivo compulsivo da superstizione. Sarebbe quindi opportuno recarsi da specialisti non appena il disagio si verificasse.
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Può essere che con l’avvento della scienza l’essere superstiziosi sia sinonimo di celata ignoranza… ma se non esserlo portasse male?