La Storia non insegna nulla, però spesso è fonte di dolorose conferme. Il libro di Alessandro Di Meo, “Nelle Terre incognite” (pubblicato da GBE), offre appunto occasioni di analisi sconfortanti sulla qualità delle classi dirigenti di questo Paese ormai sopravvalutato e non poco. L’autore racconta, con dovizia di particolari, la mancata partecipazione italiana alla colonizzazione in Asia, in particolare nel Sud Est asiatico.
Le opportunità non sono mancate, individuate da una serie di personaggi al confine tra missionari, avventurieri, coraggiosi militari, esploratori curiosi ed intraprendenti. Peccato che, alle spalle, avessero una classe politica priva di slanci ed un ceto imprenditoriale assolutamente ridicolo e timoroso.
Di fronte ad ogni ipotesi di creare delle colonie per deportare i detenuti (seguendo l’esempio inglese in Australia più che quello francese in Caienna), di avamposti commerciali, di basi marittime con adeguato retroterra per sviluppare attività agricole ed industriali, la risposta era sempre la stessa: “costa”. Anche quando re Vittorio Emanuele II si entusiasmava di fronte ai progetti che gli venivano illustrati, interveniva il governo con l’immancabile “costa”.
E quando non bastava la scusa dei costi (la parola “investimento” non fa parte del vocabolario della classe dirigente italiana), subentravano i timori di infastidire l’Olanda e la Gran Bretagna. Paradossale la vicenda delle Isole Nicobare. L’Italia avrebbe potuto averle gratuitamente ma Londra sconsigliò l’operazione poiché le isole erano malsane. Ed appena l’Italia si ritirò, l’Inghilterra se le prese. D’altronde non mancano, nel libro, i personaggi italiani impegnati a compiacere gli inglesi con veri e propri tradimenti ai danni delle popolazioni locali e della stessa Italia.
Invarazzante anche l’atteggiamento degli imprenditori, indifferenti e paurosi, con l’unica eccezione dei genovesi che, con la loro Camera di commercio, cercarono inutilmente di svegliare i colleghi del resto d’Italia. Tra l’altro il Risorgimento italiano era considerato, in Asia, come un modello da seguire per ribellarsi al dominio delle potenze europee. E non mancava la disponibilità ad allearsi con l’Italia in funzione anti inglese ed anti olandese. Ma l’Italia aveva troppa paura. Così rinunciò ad una presenza nella ben più ricca Asia per puntare su un colonialismo straccione in Africa orientale. E vennero Adua e l’Amba Alagi..