Rubo il titolo di questo articoletto, buttato giù alla buona, ad un’opera di poesia grande. “Le varianti e l’invariante” è infatti un’antologia dei suoi versi che Mario Luzi stesso curò sul finire della vita. Rubo, e me ne scuso.
Perché è di ben altre varianti, molto meno poetiche, che qui voglio parlare.
Varianti del virus, penserete tutti. Non si parla di altro in questi giorni. Inglese, brasiliana, sudafricana…. l’allarme è massimo. Gli (pseudo) esperti mediatici impazzano su tutti i Media. Alzano alti lai. Profetizzano paesaggi desolati, milioni di morti, roba da far impallidire la peste nera e quella bubbonica. Roba che Boccaccio e Manzoni mai si sono sognati…. Invocano lockdown più o meno perpetui, chiusure delle scuole. Abolizione del lavoro che non sia in smarthworking.. E nulla conta che, poi, per le strade non si vedano cadaveri ammassati, che gli ospedali siano sostanzialmente come negli scorsi anni, che i dati dello stesso ISS, santuario della nuova ortodossia sanitaria, dicano che i contagi – per lo più asintomatici, e quindi, a tutti gli effetti, sani – siano in deciso calo…
Il problema sono le “varianti”, insidiose, sconosciute, imprevedibili. E quindi…

Mi balocco con il tentativo di rappresentarmi queste, temibili e fantomatiche, varianti. È una giornata così… Cielo bigio e freddo. Minaccia di neve che, però, mai si concreta. Una giornata uggiosa. E noiosa. E così si pensano cose che hanno ben poco senso…
La variante inglese. Sembra il titolo di un film. O di un romanzo. Una spystorie di Le Carrè, da poco scomparso. Talpe, agenti del Secret Service e, insidiose, spie del, compianto, KGB…
La variante brasiliana. Cupi riti Voodo, zombie e Baron Samedi. Il tutto che avanza a ritmo di samba. Come nel Carnevale di Rio. Con in testa una schiera di Oba Oba che cantano “Virao, virao, che meraviglia sto virao meravigliao…” Reminiscenze, remote, dell’Indietro Tutta di Arbore e Frassica…
La variante sudafricana… E su questa è necessario andarci cauti. Perché a combatterla con troppa decisione, si rischia di essere razzisti. E di scatenare le ire della Boldrini. E delle prefiche del politically correct…
E ora, poi, giunge la notizia che, a Napoli, sarebbe stata isolata una variante sconosciuta. Una variante napoletana. Se preferiamo, partenopea… E qui l’immaginazione vacilla…
Ve l’immaginate un virus con la scaltrezza di uno scugnizzo? Che balla la tarantella? O che si comporta come uno sciuscià uscito dalle pagine di “La pelle ” di Malaparte?

Scherzi a parte… anche perché inopportuni, visto che, ormai, siamo in Quaresima. E si preannuncia una Quaresima assai lunga. Purtroppo. Scherzi a parte, dunque, le varianti mi sembrano più che altro variazioni sul tema della paranoia dominante. Fantasmi, al solito – privi di sostanza.
Vi è, però, una cosa di cui ancora non ho parlato. L’invariante. E l’invariante, quella che non muta e non può mutare, è sempre la stessa. La natura. E noi ci si può angosciare e affannare quanto si vuole. La nostra natura resta quella che è. Mortale. E non c’è Speranza che tenga. Che possa con i suoi deliri di onnipotenza e provvedimenti assurdi mutare le cose.
Non c’è speranza – con la minuscola stavolta – che si possa diventare immortali rinunciando a vivere. E, come sta accadendo da mesi, anche ad ogni diritto e alla stessa dignità.
Poi, ci sarebbe da dire, e molto, su altre varianti, interessi più o meno occulti, tresche politiche, miserevoli protagonismi…
Ma il discorso si sta facendo troppo lungo. Noioso e uggioso. Peggio di questa giornata che volge al tramonto… Meglio chiudere qui.