Come un mantra ripeto ad ogni occasione che non ho votato Lega e che ho avuto solo due caporali e due capitani che ho stimato nel mio percorso culturale e politico.
Per cui, quel circo di isteriche dichiarazioni, di messinscene mediatiche e di vergognose ritrattazioni al quale abbiamo assistito negli ultimi giorni dell’agonia parlamentare, e che fanno parte del gioco truccato della democrazia rappresentativa, mi hanno procurato un distaccato ribrezzo. Se poi ci mettiamo pure il capestro ricattatorio della gang europeista, il disgusto è completo.
Detto ciò, non ho mai sopportato né i servili de ‘il capo è uno statista’, né i rancorosi de ‘il capo è un cretino’: entrambe le posizioni nascondono due bassezze complementari, la venerazione e l’invidia.
Fuori di ogni metafora parliamo di Salvini. Se dovessimo elencare gli errori dovremmo organizzare gli articoli in fascicoli. Improponibile. Ma alcuni meritano di essere focalizzati. La totale mancanza di stile è il primo. Si è sempre comportato come se fosse in campagna elettorale, in pose e situazioni non confacenti alla funzione istituzionale.
Il secondo è ampliabile alla gran parte dei suoi sostenitori: troppo sulla difensiva, sul tono giustificazionista, sull’espressività emotiva e sentimentale.
Il terzo riguarda l’apparato: a parte alcuni personaggi a me noti, troppi peones, incompetenti, arruffoni e pressapochisti, più propensi ai selfie che a programmare, a studiare e a incidere sulle specifiche realtà.
Complessivamente, la Lega ha manifestato la fragilità di cui si è già parlato: alla scarsezza dottrinaria di pensiero e di teoria ha tentato di sopperire con giravolte ideologiche e attivismo convulsivo.
Le conseguenze sono davanti agli occhi di tutti. Concludo, però, con una considerazione: chi si lamenta e accusa il destino del suo fallimento non merita di vincere. Se questo non accadrà, se si eviterà la condizione del piagnisteo, questa catastrofe, intesa etimologicamente come ribaltamento, rovesciamento potrebbe essere il preludio di una vittoria totale.
Riuscirà Salvini e i suoi sodali a fare tesoro degli errori? Avranno il coraggio, la spregiudicatezza di ripulire gli organigrammi e di riorganizzare i quadri? Saranno tanto astuti e determinati da spingere – per usare una metafora di Nietzsche – ciò che è già nato barcollante?
Ha scritto Hölderlin: <Là dove c’è il pericolo cresce anche ciò che salva>. O la Lega e Salvini comprendo questo, oppure possono preparare un ridotto in Padania, tanto per rievocare un evento storico di più grande e aristocratica portata.