Lewis Carroll dice (rivolgendosi alla piccola Alice): un giorno sarai grande abbastanza per poter leggere le fiabe.
Strano, vero? Noi siamo abituati a considerare le fiabe roba per bambini. Letture formative, certo… ma da abbandonare alle soglie della adolescenza.
E, invece, con Carroll è d’accordo un altro, grande, narratore di fiabe. J. R. R. Tolkien.
In “Albero e foglia” – operetta che amo citare, anche perché per lo più ignorata -Tolkien sostiene che le fiabe non sono per bambini. Anzi, se un bambino dimostra precoce interesse per la scrittura, scrive un po’ di tutto. Ma non fiabe.
Quindi le fiabe sono letture, o meglio narrazioni per adulti. E qui, si potrebbe dare inizio ad un excursus teorico dai Grimm a Propp, passando per la fiaba romantica, Tieck, Novalis, soprattutto Brentano. Senza dimenticare quell’inquietante gioiello che è la “Fiaba del serpente verde e della bella Lilia” di Goethe.
Ma non è questo che mi interessa oggi. È, piuttosto, sottolineare come la fiaba sia una narrazione per tutti. O meglio senza età…
Però non si deve cadere nell’errore del pre-giudizio letterario. La fiaba non va letta per lo stile in cui è scritta. Certo, vi sono grandissimi autori che vi si sono cimentati. Ne ho già citati alcuni. Goethe e Tolkien su tutti. Ma, appunto, sono Autori che sono partiti dalle fiabe. Da quelle originarie. Che non avevano intento letterario. E non seguivano una logica narrativa.
In effetti le fiabe hanno una, sostanziale, assenza di logica. O meglio, rispondono ad una logica… diversa. Prendete Cappuccetto Rosso, secondo gli etnologi fiaba antichissima. Che risalirebbe, addirittura, ad un primo nucleo del paleolitico Al tempi dei cacciatori raccoglitori.
Cappuccetto, la bambina, incontra il Lupo. E parla con lui. Senza dimostrare alcuna paura.
E il Lupo non la sbrana subito. Ma cerca di tessere un inganno. Si fa dire dove sta andando. La precede, e inghiotte la nonna.
Poi si traveste da vecchia. E vi è quel dialogo stralunato
“Nonna, che occhi grandi hai…”
“È per vederti meglio, piccola mia…”.
Poi le salta addosso, e la mangia. Ma arriva il Cacciatore. Apre la pancia al Lupo (non lo uccide…). E Cappuccetto e la Nonna saltano fuori intatte e contente.
Che logica da adulti, normale, può avere una siffatta narrazione?
E infatti non va cercata. Le fiabe non vanno comprese. Vanno lette, meglio ancora ascoltate. E… lasciate agire.
Una sequenza di immagini. Ed emozioni. Che vengono da profondità remote. Della psiche. Ovvero dell’anima corale. Di cui siamo parte, anche se, troppo spesso, ne siamo incoscienti. Abbiamo perso i contatti. Recisi – o lasciati recidere da altri – i legami.
La fiaba letta, o meglio ancora narrata, senza porsi dubbi razionali, senza che si cerchi di spiegarla razionalmente, fa riemergere quei legami.
Ci riporta alle nostre origini. Ridesta qualcosa che avevamo dimenticato.
È il silenzio della ragione ordinaria, quella che sa solo pesare e misurare. E, per un attimo, torniamo ad essere davvero uomini.
Uomini completi.