La Germania ha tenuto duro per quanto poteva. Ma Scholz è un Cancelliere troppo debole per resistere alle pressioni statunitensi. Una debolezza prima ancora che politica, di personalità. È figura scialba, quasi evanescente. E questo, sulla scena politica internazionale, conta. Soprattutto in momenti di crisi. E l’Europa sta attraversando forse la crisi più grave degli ultimi settant’anni.
Così Berlino ha cincischiato a lungo. Ha fatto il, classico, pesce in barile. Ma alla fine ha dovuto cedere. I carri Leopard, gioiello della tecnologia militare tedesca, verranno forniti a Kiev. Anche se, probabilmente, per una via contorta. Passando per Varsavia.
Sarebbe lecito domandarsi se questo avrà un diretto, e soprattutto immediato, effetto sull’andamento della guerra con la Russia. Se potrà essere elemento fondamentale per respingere una, eventuale ma probabile, nuova e più massiccia offensiva di Mosca nell’immediato futuro. Quando Putin si deciderà ad archiviare la cosiddetta “operazione speciale”, limitata nelle forze e nel raggio di azione, e darà ascolto ai comandi militari. Dove in molti pensano che, a questo punto, l’unica soluzione sia cancellare l’Ucraina dalla carta geografica. E chiudere definitivamente la partita. Opzione, sia detto per inciso, che non piace al Cremlino. Che continua a preferire una soluzione politica, tale da non comportare il rischio di un conflitto diretto con la NATO. Anche se, forse, sarebbe meglio dire un conflitto esplicito e dichiarato, visto che unità militari dell’Alleanza Atlantica, soprattutto britanniche, sono già da tempo impegnate nel teatro di guerra. Pur sotto la copertura di “consulenti” o “consiglieri”… copertura che non copre un bel niente.
Comunque andrà, la fornitura dei Leopard tedeschi non dovrebbe portare grandi cambiamenti a favore delle forze di Kiev. Anche perché, sottolineano molti esperti militari, ci vorrà molto tempo perché i militari ucraini imparino ad usare i nuovi, sofisticati, carri. Un tempo che Zelensky non ha.
Però il cedimento di Berlino riveste una grande importanza politica. Rappresenta, a livello sia simbolico che concreto, la metamorfosi degli equilibri all’interno dell’Unione Europea.
Il cosiddetto “Asse Carolingio”, Berlino/Parigi, che l’ha fatta da padrone per oltre un trentennio, è ormai solo un pallido ricordo. Macron, che certo non è né un Clemenceau, nè un Richelieu, ne ha dovuto prendere atto. E sta cercando nuove sponde per garantire alla Francia una sorta di, effimero, primato interno alla UE. E, comunque, una qualche tutela dei suoi interessi, e ambizioni, sulla scena internazionale. Il flirt con Madrid ne è la riprova.
Tuttavia la resa senza condizioni della Germania alla volontà degli USA, dimostra, in modo inoppugnabile, che le decisioni sulla politica estera comunitaria vengono ormai prese molto più ad est. Dalla Polonia e dai Paesi Baltici. Che si stanno dimostrando i veri proconsoli di Washington in Europa. E che hanno non poche responsabilità nella crisi dei rapporti con Mosca, che ha portato al conflitto russo -ucraino..
La cosa potrebbe sembrare paradossale, visto l’abissale differenza di peso economico con la Germania e la Francia. Ed anche, è bene sottolinearlo, con l’Italia. Ma, evidentemente, l’essere contribuenti netti dell’Unione – ovvero mantenere di fatto gli altri paesi, come apppunto, Polonia e Baltici – conta ben poco, se si è privi di una qualsivoglia visione della politica estera. E, nello specifico, di una precisa “vocazione” geopolitica.
Varsavia, invece, sta di fatto seguendo le linee della, vecchia, Egemonia polacco – lituana, una Confederazione che, all’inizio del XVII secolo, arrivò a costituire un vasto, per quanto effimero, Impero, esercitando il controllo sull’Ucraina, in conflitto con la Russia. Lo scenario del “Taras Bulba” di Gogol. Che, appunto, era ucraino.
Come dicevo, i Leopard tedeschi ben difficilmente cambieranno gli esiti di questa guerra. Ma, consegnati alla Polonia, dimostrano cosa stia diventando quella che, assurdamente, ci ostiniamo a chiamare Unione Europea