Credo che sia difficile trovare un periodo storico a mia memoria che rappresenti meglio del tempo attuale la peggiore mascherata di viltà, di paura e di infame rassegnazione.
Per quanto scadenti siano stati negli anni passati le opportunità di conoscenza della realtà e di studio dei problemi emergenti, quello che di sicuro c’era si condensava nel sentimento dell’onore, del decoro e dell’orgoglio personale.
Certo, le anime belle e pavide diranno che erano tempi di poco elegante violenza e di rozzi comportamenti plebei, quando si declamava la guerra come sola igiene del mondo, quando le diatribe poetiche finivano in rissa e l’ingiuria con una scazzottata se non addirittura il duello.
Oggi no, siamo progrediti. Ci si indigna, si deplora, si prendono le distanze, ci si affida alla legge, alla mediazione, al dialogo: insomma, si subisce, perché la paura fa novanta, come da manuale della smorfia.
Oggi se una ragazza viene stuprata si chiede il risarcimento danni, se una donna viene molestata ci si chiede quali sano i segnali non verbali che ha trasmesso all’aggressore, se un malintenzionato entra in casa il problema è individuare il suo disagio esistenziale, se un professore boccia un insulso incompetente si analizzano i vuoti di una mancata motivazione.
Oggi è il tempo della comprensione, della tolleranza e dell’amore verso il prossimo.
Questo sembra, ma non è così. Amore per sé, per il prossimo, per la comunità di appartenenza, per il proprio paese, per le stesse proprie idee, è volontà di difesa, è coraggio di combattere, è sprezzo del pericolo. Canta don Chisciotte di Guccini:
Solo i cinici e i codardi non si svegliano all’autora/ per i primi è indifferenza e dispetto dei valori/ e per gli altri è riluttanza nei confronti dei doveri.
Ecco, questo è la nostra attualità. Cinismo, menefreghismo, insensibilità, indolenza, egoismo.
Il grande saggista francese Jean Cau distingueva tre categorie di uomini: gli aristocratici, i contadini e i borghesi. Di fronte al pericolo di una guerra i primi pensavano di dover combattere per il proprio onore, i secondi per difendere la casa e il podere, i terzi pensavano a disertare per poter salvare la propria roba.
La borghesia pantofolaia e meschina sta combattendo una battaglia psichica per diffondere mansuetudine ed individualismo. È il trionfo dell’assemblaggio più pericoloso e suicida, quello della sinistra cristianuccia che distribuisce patenti di bontà, purché esterna alla sua difesa sicurezza sociale. Col tempo, i guerrieri si sono trasformati in soldati, i monaci in preti, i contadini in mezzadri. Il simbolico ha lasciato il posto al realismo mercantile, il sangue all’oro.
Per noi, però, valgono le ultime parole di quel don Chisciotte irriducibile visionario: costi quel che costi non ci adatteremo a questa realtà e da “romamtici rottami sputeremo ancora in faccia all’ingiustizia” e alla deriva che stiamo sopportando.