A volte le immagini dei tg raccontano una realtà molto diversa da quella fornita dai giornalisti di regime. Così il servizio strappalacrime, con tono di voce giusto per drammatizzare una situazione che sarebbe drammatica a prescindere, mostra le donne ed i bambini ucraini che lasciano Kiev a bordo dei treni. E spiega, la giornalista, che i ragazzi e gli uomini adulti non abbandonano la città perché vanno a combattere per difendere la loro patria. Chapeau ai combattenti a prescindere da ogni considerazione di politica internazionale..
Però… Già, c’è un “però” che la giornalista ignora ma che le immagini mostrano chiaramente. A rubare lo spazio nei vagoni riservati a donne e bambini ci sono le onnipresenti grandi risorse. Non donne e bambini di altro colore, bensì numerosi uomini, giovani adulti. Quelli che erano diventati ucraini quando si trattava di ricevere aiuti di ogni tipo. Ma che non sono più ucraini ora che ci sarebbe da combattere per il Paese dove sono approdati. Si arrangino i nativi di Kiev, le grandi risorse tornano ad essere uomini africani.
Per poche ore, sia chiaro. Perché appena arrivati nei Paesi confinanti si ritrasformeranno in ucraini. Profughi ucraini in fuga da una guerra che gli ucraini combattono ma loro no. Profughi ucraini e, come tali, con il diritto ad essere mantenuti. Come se si trattasse di donne, bambini, anziani.
Ma è istruttivo, per tutti i buonisti immigrazionisti, vedere in diretta l’attaccamento delle grandi risorse alla nuova patria. “Siamo tutti ucraini”? Non proprio. Se c’è da prendere, allora sì. “Amiamo l’Ucraina”, “Ci sentiamo ucraini come chi è nato qui”, “Il nostro Paese è l’Ucraina”. Ma se c’è da rischiare a fianco di chi sino al giorno prima veniva definito “fratello” per ottenere qualche favore, allora no.
È vero, non è la loro guerra. Ma solo perché non è la loro terra.