Memorie d’Estate. Dell’Estate (come) era un tempo. Ed ora non è più.
Le vacanze che erano davvero… vacanze. Un lungo iato, un vuoto, tra la fine delle scuole, a inizio giugno, e la loro riapertura. Rigorosamente al primo di Ottobre. Giorno di San Remigio.
Uno spazio immenso, che ti si apriva davanti. E che dovevi riempire di cose, di momenti, di avventure…
Ma non era, poi, così difficile. Un’Italia più semplice… povera di cose, forse, ma molto, decisamente molto più ricca di emozioni.
E sono le emozioni che colmano i vuoti. Non le cose. Quelle affollano solo le cantine. Ingombrano. E in vacanza, per stare bene, bisogna essere leggeri.
Tre mesi di vacanze. Oggi sembra quasi impossibile immaginarlo. Eppure era così. Vacanze vere… in città, al mare, ai monti… ma comunque vacanze. Un ozio beato, con i libri, le passeggiate, i tuffi… le infinite chiaccherate con gli amici, seduti in spiaggia, al margine del bosco… camminando senza meta per le vie della sera.
Come i giovani sciammannati di Bolano, ne “I detectives selvaggi”. Ma con più sogni, e meno turbe psicotiche.
Una fetta d’anguria mangiata ad un baracchino. Un cono gelato. Un muretto su cui riposare.
E parlare di tutto. Di calcio e ragazze. Del futuro, del recente passato, ché si era giovani e, come dice Leopardi, breve della memoria il corso.
Parlare di filosofia, anche. E di poesia. Storie di antichi maghi – Enrico Cornelio Agrippa, John Dee… – angeli della finestra d’Occidente, e Jihn del deserto.
E la lirica greca, studiata a scuola… e quella ore-iskanica scoperta nella letteratura araba del Gabrielli. Le Rubayyat di Kayyam e… quella ragazza ha due gambe da mille e una notte… ma hai mai letto gli haiku di Kobayashi?
Mare e montagna. Vacanze lunghe. Sempre negli stessi luoghi. Gli stessi amici, che ritrovavi di anno in anno… stessa spiaggia, stesso mare… non cambiare. Le abitudini, e la loro sicurezza, te le portavi dietro…
Il mondo era semplice. Niente SPA e piscina… nella Pensione – erano pensioni, allora, pochi alberghi, gli hotel una cosa remota, quasi un miraggio .. – .. un menù fisso. Primo, secondo, contorno. Frutta. La domenica, Dolce. Fatto in casa.
La colazione, pane, burro e marmellata…
Per guardare la televisione dovevi andare al bar del paese. La sera. Ma lì ti interessava di più il jukebox.
Nello Chalet al Lago, come in tanti altri, si ballavano i lenti. Luci soffuse. Cercavi di stringere una ragazza, che per tutta la sera si scherniva. O fingeva di schernirsi.
La mattina ti svegliavi sempre presto. Ha l’oro in bocca, ti dicevano. E andavi a camminare. Muovere le gambe, nell’aria fresca, o perlomeno non ancora rovente, muoveva i pensieri. Freschi anch’essi. Erano i momenti migliori. Di un’inspiegabile felicità.
E la notte dormivi con le finestre spalancate, se vi era afa. Non esistevano i condizionatori, grazie a Dio!
Una partita a biliardino, due calci al pallone, flipper, rubabandiera… si tirava in lungo sino alla mezza.
C’era da studiare per il prossimo anno scolastico. Ma era un problema che si affacciava a settembre… se non fosse che ti avevano rimandato. Da riparare, una, due materie.
Ma se eri tranquillo, promosso a giugno, allora potevi leggere. Tanto. Tanti libri, trovati a caso sulle bancarelle o all’edicola del paese.
Robetta. Per lo più gialli. Ma fu così che scoprii Wodeohouse. Un saggio storico sull’Impero Moghul. Babur e Akhbar, il Taj Mahal…
Il racconto di Bloody Shiloo, la grande battaglia dei cavalieri sudisti di Boregarde. Le Quattro Sonate di Ramòn de la Valle Inclàn.
Le poesie di Auden.
I romanzi di Fleming con James Bond.
“Bella vita e guerre altrui di mister Pym, gentiluomo” di un Barbero ancora sconosciuto… resta il suo libro migliore.
Bruce Chatwin. Il sogno dell’alternativa nomade…
Gli incubi di Lovecraft.
Il Conan di Cimmeria e l’età Hyboriana di Howard.
Roba così. Presa a caso. E divorata sotto l’ombrellone. O meglio ancora nella penombra di un bosco di conifere.
Frammenti di memorie soprattutto.
Di vacanza perdute.
Di un mondo ormai perduto