Abolire il passato. Cancellare la memoria. È un qualcosa, un atteggiamento culturale, sociale, che, periodicamente, si riaffaccia. Ritorna. E, a ben vedere, è un paradosso.
Perché, come scrive Borges, il passato è indistruttibile. E tutto ritorna, perché il tempo è ciclico. E così ritorna anche il desiderio di distruggere il passato…andiamo addirittura oltre ai Paradoxa Stoicorum di Cicerone. Sembra un Koan zen.
L’oblio di ciò che eravamo, della nostra storia e delle nostre tradizioni, è una sorta di utopia che, appunto, ciclicamente ritorna. Con il mito di creare un uomo totalmente nuovo. Libero dalle passate costrizioni. Dai legami della memoria.
E, come tutte le utopie, è devastante. Perché astratta. E quindi, in profondità, anti-umana.
Senza volerci addentrare alla ricerca di radici remote, possiamo dire che tutto è iniziato con la Rivoluzione Francese. Preparata dal Secolo dei Lumi…
E dagli! anche tu a dire che gli è tutta colpa della Rivoluzione Francese! come il nonnino dei due Marchesini del primo “Vacanze d’estate” di Vanzina…
Beh, sì…caro Direttore. Perché nella Rivoluzione – che ebbe (forse) pure alcuni aspetti positivi – per la prima volta prevalse quell’astrattezza ideologica che è, in fondo, la causa principale dei mali della nostra modernità.
Prendiamo il Calendario. La Rivoluzione volle cambiarlo. Per segnare la svolta radicale. La Nuova Storia che nulla più doveva avere a che fare con la memoria del passato. E si spinse, addirittura, a eliminare la settimana. Sostituendola con decadi. Molto rivoluzionario…solo che le mucche non lo sapevano. E non lo sapevano le coltivazioni. Abituate, da sempre, alle cadenze di lavoro e riposo tradizionali. Che riflettono i ritmi della Natura. Fu un disastro. E il Direttorio, se non erro, dovette fare marcia indietro dalla follia giacobina.
Naturalmente non era colpa della Utopia. Ma delle mucche, e delle carote, notoriamente reazionarie…
L’utopia di abolire il passato è l’utopia del nostro tempo. Ed è la peggiore delle utopie. Perché le altre avevano se non altro l’obiettivo, o se vogliamo il sogno, di dare vita ad una società migliore, più giusta. Equa. Di garantire la Libertà, ancorché una libertà astratta, che spesso va contro e nega le libertà concrete.
Questa vuole solo abradere la memoria. Che implica azzerare le differenze culturali. Che fanno delle masse, popoli. E garantiscono agli individui dei legami comunitari, affettivi, identitari.
Senza la memoria del passato, l’uomo non è più libero. È più solo. E privo di coordinate e appigli.
Diventa un atomo anonimo e anomico. Senza una Terra. Di fatto senza madre e padre, perché anche la procreazione diviene mero atto biologico. Venendo sempre più sostituita dalla, cosiddetta, scienza. Dalla sperimentazione e ingegneria genetica.
Questo tipo di Uomo Nuovo, non è migliore di quelli del passato. È solo più facile da sfruttare, in un’ottica in cui ciò che conta è l’interesse. E il profitto.
Penso al Lethe, che nel VI libro dell’Eneide, delimita i Campi Elisi. Le anime degli eroi, prima di reincarnarsi, devono immergersi in quelle acque. Per dimenticare il loro passato individuale. Ed essere libere di fare le loro scelte nella nuova vita. Senza portarsi dietro alcunché di irrisolto…
Ma, appunto, il Lethe ha a che fare col destino degli individui. Dei singoli. Quello che, oggi, stiamo sperimentando sulla nostra pelle, è ben altro fiume infernale.
Un fiume che vorrebbe completamente sommergere la civiltà umana in tutte le sue, innumerevoli, sfaccettature. E sostituirla con una sorta di tirannia universale, che utilizza, abusandone, del potere demonico della tecnica. Per creare un Mondo Nuovo, popolato da automi, o se vogliamo zombie privi di nome e volto. Privati del passato. E totalmente dominati dalle paure del presente. Che è l’unica realtà loro concessa.
Borges dice che tutto ritorna. E che, quindi, anche questa febbre di annientare il passato non è che una fase, inevitabilmente transitoria, del ciclo del tempo.
Speriamo che abbia ragione…