“A egregie cose il forte animo accendono l’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella e santa fanno al peregrin la terra che le ricetta”, scriveva il Foscolo, a incitamento verso le grandi imprese, prima di tutto quelle interiori legate alla bellezza, alla gloria e all’eroismo.
I giovani delle passate generazioni erano su questi testi che fondavano la propria visione del mondo e di cittadinanza. Era “La canzone di Legnano” di Carducci, erano le memorie di Silvio Pellico dallo Spielberg, i comportamenti dei martiri di Belfiore, il coraggio di Pietro Maroncelli: l’atmosfera epica del retaggio storico e culturale plasmata e fondata da coloro che hanno creato una nazione come condensazione spirituale, per dirla alla Ernst Renan.
Poi, gradualmente, i princìpi interiorizzati sono stati soppiantati dai valori esogeni, così l’etica si è disgregata e con essa la sua sinergica componente che è l’estetica: siamo all’epoca della bruttura, an-estetica, anestetizzata dal dolore e dalla stessa coscienza.
Ai contemporanei è più confacente il Preludio di Emilio Praga: “Noi siamo i figli dei padri ammalati: aquile al tempo di mutar le piume, svolazziam muti, attoniti, affamati, sull’agonia di un nume”.
Al mito degli eroi si è sostituito il modello dei reietti: ecco allora come si giustifica la saga di uno spacciatore ucciso smerciato per geometra, il film su un assaltatore di carabinieri esaltato a ragazzo ribelle, un nero pluripregiudicato morto portato a simbolo di discriminazione.

Contestualizzando “gli ultimi saranno i primi” del dettato evangelico, possiamo dire che viviamo il tempo in cui “i peggiori saranno d’esempio”, in una sovversione pedagogica e morale.
Continuando con Emilio Praga – “Casto poeta che l’Italia adora, vegliardo in sante visioni assorto, tu puoi morir!… Degli antecristi è l’ora! Cristo è rimorto!” – possiamo con sufficiente documentazione riconoscere che, almeno per ora, l’Anticristo è avanti col punteggio, anche se la partita è ancora aperta. Il maligno imperversa nei dispositivi contronatura, nella depravazione dei costumi, nella degenerazione dei comportamenti, nella deformazione del pensiero, nella disgregazione dei legami, nella falsificazione della verità, nella dissoluzione di ogni norma, nella distorsione di ogni principio.
Però c’è un punto zero da chiarire. Questo mondo di relitti lo prendiamo in pieno, senza fughe e senza rese; nessuna età dell’oro da rimpiangere, né paralizzanti nostalgie da rievocare. Quel rosso che voi distruttori vedete all’orizzonte è il vostro tramonto, per noi è la nostra aurora.