“Noi dobbiamo far convivere all’interno di un’azienda (parlo in questo caso delle grandi aziende), far condividere al lavoratore, al manager, all’azionista, il destino dell’impresa facendo sì che i proventi arrivino anche al lavoratore. Far sì che le azioni dell’impresa possano essere distribuite ai dipendenti, gratuitamente e in condizioni di favore. E’ una rivoluzione che ci porta dentro l’economia della condivisione che rappresenta una frontiera sulla quale dobbiamo lavorare”.
Questo non è lo stralcio di un vecchio discorso di Giorgio Almirante. Si tratta invece di una parte dell’intervento di Enrico Letta all’Assemblea del Partito Democratico di domenica scorsa, 14 marzo 2021.

Ricorda però molto da vicino quanto il Movimento Sociale Italiano sosteneva fin dalla sua fondazione. È la sintesi di quella “Socializzazione” che fu una bandiera dei post-fascisti e che si richiamava in modo diretto ed esplicito a alla “Carta di Verona”, vale a dire all’abbozzo di una nuova Carta Costituzionale del rinato Stato fascista, successivo ai disastri del 25 luglio e dell’8 settembre.
Il 14 novembre 1943, un gruppo di delegati fascisti si riunì a Verona per decretare la nascita della Repubblica Sociale Italiana. Il documento approvato recitava, all’articolo 12: “In ogni azienda (industriale, privata, parastatale, statale) le rappresentanze dei tecnici e degli operai cooperano intimamente (attraverso una conoscenza diretta della gestione) all’equa fissazione dei salari, nonché all’equa ripartizione degli utili, tra il fondo di riserva, il frutto di capitale azionario e la partecipazione agli utili stessi per parte dei lavoratori”.
Allo scopo di rendere operativo tale principio, il 12 febbraio 1944, venne promulgato il Decreto Legislativo n. 375, che si concludeva con l’articolo 46: “Gli utili dell’impresa […] verranno ripartiti tra i lavoratori, operai, impiegati tecnici, impiegati amministrativi, in rapporto all’entità delle remunerazioni percepite nel corso dell’anno. Tale ripartizione non potrà superare comunque il 30 per cento del complesso delle retribuzioni nette corrisposte ai lavoratori nel corso dell’esercizio. Le eccedenze saranno destinate ad una cassa di compensazione amministrata dall’Istituto di Gestione e Finanziamento e destinata a scopi di natura sociale e produttiva”.

Su questi principi, che mai videro una reale attuazione né prima né tantomeno dopo la guerra, gli esponenti del MSI continuarono a battersi per anni, affiancandoli a quelli relativi ai temi legati al corporativismo.
Ma a partire dagli anni Ottanta, e, in seguito, con la nascita di Alleanza Nazionale, questi argomenti vennero piano piano abbandonati fino a scomparire del tutto. “Roba vecchia”, si diceva, “irrealizzabile”. Tanto Almirante era morto, e la “socializzazione” poteva essere tranquillamente relegata in soffitta tra i materiali inservibili.
Ed è così che oggi, Letta, se ne può riappropriare. Per farne che cosa, non si sa. Resta però il fatto che nessuno, negli ampi commenti del giorno dopo, si sia accorto di questa “riesumazione”.
Forse perché della Carta di Verona, di Almirante e dell’MSI, non si ricorda più nessuno.