Il 14 settembre saranno trascorsi settecento anni dalla morte di Dante Alighieri, e il prossimo 25 marzo (data in cui, secondo i dantisti, inizia il viaggio della Commedia) sarà il primo “Dantedì”, giorno in cui, almeno in Italia, ogni anno si ricorderà il più grande poeta di tutti i tempi.
A partire da quella data inizieranno una serie di celebrazioni organizzate da associazioni, enti locali, musei, istituti e realtà culturali, che già da anni affilano le armi per dare ampio risalto all’avvenimento.
Tutto ciò dovrà naturalmente fare i conti con le restrizioni dovute ai decreti che usciranno nei prossimi giorni e che rischiano di vanificare gli sforzi degli organizzatori.
In compenso diverse case editrici hanno pensato di partire per tempo commissionando a vari autori testi che avevano il compito di aprire la strada alle future commemorazioni.
In particolar modo due di essi hanno avuto un particolare successo di vendite, segno che Dante riesce ancora a suscitare interesse, malgrado lo scempio che troppi insegnanti ne hanno fatto nel corso delle loro lezioni scolastiche.

Il primo è “Dante” di Alessandro Barbero (Laterza, pp.361, €20,00), che da settimane si è installato stabilmente nelle classifiche dei libri più venduti. Merito certamente del suo autore che ormai da anni ha saputo coniugare il rigore scientifico delle sue ricerche con la capacità di comunicazione mostrata anche in diverse apparizioni televisive, da SuperQuark a Rai Storia.
Il suo libro tenta di ricostruire la vita del Poeta, intorno alla quale si conosce davvero poco. Molto invece si sa dell’epoca in cui Dante visse, e partendo proprio da ciò Barbero cerca di riempire gli spazi che i biografi, da Boccaccio al figlio di Dante Piero, hanno lasciato vuoti. Quel che ne scaturisce è un affresco di godibile lettura che ci permette di comprendere i complessi meccanismi che dominavano la società fiorentina e della penisola italiana tra la fine del Duecento e gli inizi del Trecento. Nello stesso tempo Barbero, in base alle sue conoscenze e ai suoi studi, ci propone parecchie ipotesi più che plausibili per riempire i buchi delle cronache del tempo.
Di tutt’altra levatura il pur fortunato – in chiave di vendite – “A riveder le stelle” di Aldo Cazzullo (Mondadori, Strade Blu, pp.288, €18,00). L’autore non è né uno storico né un letterato, e si vede. Ma da una delle firme di punta del Corrierone ci si poteva decisamente aspettare qualcosa di più. Il suo libro, infatti, vuole essere il racconto in prosa della Divina Commedia. Un racconto che scade, fin dalle prime pagine, in banalizzazione. Sono certo che molti studenti liceali, chiamati a “fare la prosa” del poema, se la sarebbero cavata in modo decisamente più brillante. Ah come sono lontani L’Orlando Furioso raccontato da Italo Calvino e persino la riscrittura in chiave moderna del Decameron di Boccaccio dovuta alla penna di Aldo Busi! Se proprio volete avvicinarvi al poema dantesco con una presentazione ricca e non specialistica vi consiglio di procurarvi l’eccellente edizione di Vittorio Sermonti pubblicata vent’anni fa da Rizzoli.

Ma nel panorama di libri usciti su Dante e la sua poesia spiccano almeno due testi che stanno avendo un successo di pubblico decisamente inferiore ma che valgono la pena di essere letti.
Ma per sapere di che si tratta dovete avere un po’ di pazienza.
(continua)