Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito. Federico Rampini è sicuramente un saggio che vede benissimo la luna. Ma agli stolti lui indica il dito. E sul Corriere della Sera ironizza sugli errori di Xi Jinping che “perde l’Europa”, ma glissa da campione sui maggiordomi europei che cancellano il Vecchio Continente per rendere felici Biden ed i suoi burattinai.
La perdita dell’Europa, indubbiamente, provoca un rallentamento dell’economia cinese che quest’anno dovrebbe crescere “solo” del 5%. Superata, come incremento del Pil, dall’India. Ma rimanendo decisamente al di sopra dei livelli dei Paesi atlantisti. È vero che ciò significa poco, perché Pechino è all’inseguimento dei livelli occidentali e, dunque, è normale che il Pil cresca di più rispetto alle economie già mature. Comunque è chiaro che la guerra di Biden e Zelensky stia obbligando il mondo intero ad una trasformazione che sarà anche dolorosa per molti. Anche perché l’aggressione statunitense si sta ampliando a macchia d’olio.
Cambieranno i mercati di sbocco e di riferimento. Dunque in prospettiva la Cina potrà tranquillamente fare a meno dell’Europa impoverita per l’asservimento a Washington, ma prima di arrivare a questo risultato dovrà affrontare non poche difficoltà. Perché il ceto medio dei Paesi in via di sviluppo avrà bisogno di tempo per arrivare ad un potere d’acquisto in linea con quello attuale degli europei o, almeno, di una parte degli europei.
Il problema vero – per atlantisti, filocinesi e neo nonallineati – è rappresentato dal modo in cui affrontare questa fase di transizione. Gli atlantisti insisteranno con la consueta politica statunitense dei colpi di stato e dell’organizzazione di proteste teleguidate e ben remunerate. Pechino cercherà di stringere nuove alleanze strategiche in Asia, Africa e America latina grazie ad investimenti in infrastrutture e per lo sfruttamento delle risorse agricole e minerarie. Quanto ai Non Allineati, proveranno a ritagliarsi spazi crescenti in nome di una indipendenza da Cina e Stati Uniti ma senza un Paese egemone rischieranno di essere fagocitati da una delle due superpotenze.
L’India si propone come leader di questo schieramento da Terza Posizione, ma per ora Nuova Delhi non ha ancora una strategia geopolitica vincente. È carente sul piano del soft power, è in ritardo sugli investimenti esteri in grado di condizionare gli altri Paesi, non ha iniziative di penetrazione culturale e politica al di fuori di aree limitate. Però è solo agli inizi di un percorso che potrebbe diventare interessante e vincente.
L’Europa, al contrario, pagherà a caro prezzo la rinuncia alla propria indipendenza, alla propria cultura. La scelta di dipendenza da Washington si rivelerà un disastro. Priva di materie prime, con un costo dell’energia elevato grazie alla “generosità dell’alleato americano” che la vende ad un prezzo 4 volte superiore a quello pagato dalle aziende statunitensi, L’Europa si troverà obbligata ad impoverire sempre di più i propri lavoratori e rispettive famiglie per cercare di essere competitiva sui mercati atlantisti. E si spaccherà ulteriormente tra il fronte dell’Est, guidato dalla Polonia, sempre più al servizio di Washington, ed alcuni Paesi come Francia e Germania alle prese con popolazioni che vorrebbero essere europee e non americane.
Ma la repressione potrà contenere il desiderio di indipendenza solo se la povertà non dilagherà. Perché, a quel punto, anche i servi felici troveranno la dignità per ribellarsi.