L’Europa non può non dirsi cristiana
È uno dei più famosi e azzeccati titoli della storia letteraria: «l’Europa non può non dirsi cristiana!». Credo sia molto vero ancora oggi, seppure con altre connotazioni.
Sebbene, infatti, il numero dei credenti e praticanti della religione cristiana sia in continua decrescita da decenni nel “vecchio continente”, mentre dilaga il culto ateistico/nichilista di matrice asiatica, resta valida l’affermazione di B. Croce in relazione alla storia europea nel suo complesso. Perché a partire dall’anno zero dell’era volgare (che coincide con la nascita di Gesù Cristo), l’Europa è nata ed è cresciuta, sia nello spazio fisico che nella dimensione spirituale, nella misura in cui il Cristianesimo si andava diffondendo ai quattro angoli del territorio, dalle coste atlantiche al Circolo Polare Artico, fino al Mar Mediterraneo e alle steppe russe. Tanto che a partire dal Medioevo e per gran parte dell’età moderna, l’Europa è stata considerata “cristiana” in tutto il mondo conosciuto, sia dove aveva diffuso l’Evangelo divino che altrove.
Tutto iniziò nel I secolo d.C. con le “missioni” degli Apostoli inviati direttamente da Gesù in ogni direzione partendo da Gerusalemme. I quali giunsero nelle principali metropoli dell’Impero romano, che presto divennero sedi delle prime importanti comunità cristiane della storia. Al loro vertice vi erano i Vescovi (eletti dai fedeli riuniti nell’assemblea del “popolo di Cristo”), che avviarono la prassi dei Concili per dibattere su continue questioni teologiche, liturgiche ed organizzative, dando così impulso allo sviluppo prorompente di un movimento religioso che, in breve tempo, si diffuse fra le fasce più povere e numerose della cittadinanza imperiale (e dal 212 d.C., con l’Editto di Caracalla divennero cittadini tutti i residenti entro il limes, indipendentemente dalla propria origine o posizione sociale).
A quel punto il conflitto con l’Imperatore e la sua figura di Dominus in Terris fu inevitabile e ne seguirono aspre lotte e le persecuzioni, che colpirono quei fedeli che non vollero più sottomettersi all’autorità imperiale perché ormai avevano riposto la propria fedeltà nel Xristos ed erano divenuti membri effettivi della Charitas. Solo agli inizi del IV secolo d.C. il Cristianesimo venne riconosciuto da Costantino I come religio licita, mentre nel 391 d.C. fu elevato addirittura a culto unico ammesso nell’Impero, che di fatto divenne una teocrazia gerarchizzata al cui interno la Curia otteneva importantissimi poteri civili e amministrativi ovunque. Era una trasformazione radicale per un’organizzazione politica nata laica e ricca di sfaccettature religiose e culturali, che ne fecero la sua grandezza nei secoli.
Con la caduta dell’Impero d’Occidente, il sentimento cristiano si allentò travolto dal nuovo paganesimo barbarico e dalla visione “ariana” che molti di costoro abbracciarono. Così, fu necessaria una vasta guerra religiosa per debellare l’eresia (sancita dal Concilio di Nicea del 325 d.C.), che portò alla rinascita dello spirito cattolico nelle ex-Dioecesis imperiali e alla fondazione della cd. “Adelskirche”, ossia la chiesa dei nobili, costituita dai membri delle famiglie regali e dei potentati economici dell’Alto Medioevo, sottoposta alla guida della Chiesa di Roma che però a sua volta era sottomessa all’autorità dell’Imperatore bizantino.
Fino a quando l’affermazione dei Franchi, nell’VIII secolo d.C., consentì la ricostituzione dell’Imperium Romanum in Pars Occidens con l’elezione di Carlo I “detto il magno” nella notte di Natale dell’800 d.C. nella Basilica di San Pietro a Roma, incoronato direttamente dal Vescovo-Papa di Roma. Il nuovo “popolo eletto” diede indi vita alla nuova missione evangelizzatrice dell’Europa orientale e settentrionale, perdurata fino al XIII secolo d.C. e che incluse nella Christianitas continentale tutte le terre scandinave e fino ai corsi della Vistola e del Dnepr.
Nel corso dei secoli bui dell’Alto Medioevo, però, l’opera missionaria di monaci irlandesi (in seguito anche inglesi e romani) aveva portato la “novella cristiana” nel cuore del mondo germanico, dalle Alpi alla Loira, dal corso del Reno all’Elba, fino alle coste del Mar Baltico e nella pianura pannonica. Uomini armati solo della fede in Cristo, della Bibbia e di tanta “buona volontà” cristiana, che a piedi come peregrini divennero itineranti fra i villaggi dei barbari, convertendo popolani, rustici, cavalieri, dame di corte e infine i re e i capi militari, fondando qua e là monasteri e abbazie che sono diventate pietre miliari della tradizione cristiana europea.
Nel contempo, la Chiesa di Roma sviluppava la teologia e interferiva con la politica dei re cristiani, considerati ordinati e sottoposti all’autorità papale, dando vita ad una rete di Vescovadi e sedi ecclesiali costituita dalle donazioni di ricchi fedeli e aristocrazie dei nuovi corpi sociali ed etnici formatisi nei regni romano-barbarici (V-VIII secoli d.C.) e in seguito nei grandi feudi carolingi (IX-XI d.C.) che occupavano le ex-Dioecesis imperiali di Britannia, Gallia, Germania, Italia e Spagna. Terre dove, tempo dopo, si instaurerà la Congregazione di Cluny, una capillare rete di abazie dirette dall’Abate della fondazione madre sita nella cittadina borgognona, cui seguirono altre congregazioni di monaci ritirati o impegnati nel mandato di convertire, acculturare e ammansire i fedeli cristiani.
Furono istituiti in quel tempo anche numerosi ordini di cavalieri-monaci che, invece, erano preposti alla “guerra santa” contro i mussulmani che occupavano l’intera penisola iberica e la Terra Santa, dove vennero dirette diverse “crociate”, alcune delle quali compiute anche in Europa contro i popoli pagani slavi o contro gli eretici provenzali.

La triplice azione “cristianizzatrice” condotta dall’Impero Cristiano (Reich), dai monaci benedettini di scuola irlandese e dalla Chiesa Romana, cui si aggiunse il processo di civilizzazione dei bizantini in Oriente, a formare l’Europa cristiana medievale. Quella che più tardi venne nominata Res Publica Christiana.
La prassi politica e religiosa dei sovrani cristiani consacrati dal Vescovo locale definì i nuovi stati dinastici del tardo Medioevo, che in età moderna si trasformarono negli stati nazionali che ancora oggi compongono l’Europa. Ancora una volta fu il Cristianesimo a dar corpo alle identità nazionali di quei popoli e paesi, in primis attraverso la traduzione in lingua locale dell’antica Bibbia latina (Vulgata), che fu l’atto d’origine delle varie lingue europee tuttora in uso nel continente.
Inoltre, le “guerre di religione” che imperversarono in Europa, a partire dalla Protesta del XVI secolo d.C. e terminate con la Pace di Westfalia (1648 d.C.), determinarono i primi riconoscimenti ufficiali e di Diritto Internazionale degli stati sovrani europei (i primi furono Paesi Bassi, Confederazione Elvetica, Portogallo), in virtù della particolare forma di culto praticato (calvinismo, luteranesimo, anabattismo).
L’Europa cristiana, quindi, iniziava a frazionarsi per gemmazione dall’Impero (tradizione vuole che fosse diretta continuazione di quello antico romano-bizantino) e in virtù della diffusione del protestantesimo, come nei regni del nord che si allontanarono dalla Chiesa Romana universale dando vita alle cd. “chiese nazionali” (Inghilterra, Scozia, Svezia e poi anche in Danimarca), sottoposte all’autorità regia locale ma dichiaratamente luterane o di rito anglicano. Comunità che rimanevano cristiane nel culto, dunque, come quelle di rito ortodosso che si erano formate nei Principati Rus’ e nella regione balcaniche da secoli, che con la scomparse dell’Impero bizantino (1453 d.C.) divennero anch’esse autonome seppur sotto l’autorità dello Zar di Mosca.
La “questione religiosa” si pose infine nei confronti dello Stato della Chiesa (costituito nel 1378 d.C.), in particolare per limitarne l’interferenza negli affari interni dei singoli stati o per ridurne l’immensa proprietà immobiliare e relativi esenzioni/benefici di cui godevano sin dall’età imperiale. Fu la secolarizzazione dei beni ecclesiastici, insieme alla chiusura delle sedi della Santa Inquisizione (un istituto di giustizia gestito direttamente dalla Chiesa Romana sin dal XIII secolo d.C.) e al ridimensionamento delle antiche Universitas cattoliche in tutta Europa, a dar corpo al sentimento crescente di “laicità” dello Stato che si diffuse in tutti gli stati moderni e persino negli imperi cristiani di antica concezione (ancien regime), che di fatto si trasformarono in “despoti illuminati” nel Settecento.

Un sentimento anticlericale che continuò a serpeggiare in Europa fino all’esplodere nella Rivoluzione Francese del 1789 d.C.: nata ufficialmente per abbattere la monarchia millenaria e l’antico sistema socio-politico fondato sui ceti, procedette senza scrupoli alla “scristianizzazione” della Francia, che per secoli era stato il regno dei sovrani “cristianissimi”. La Repubblica Francese nasceva quindi nella pienezza della democrazia e delle istituzioni laiche, con la dichiarata missione di portare la rivolta nazional-popolare di matrice anticlericale in tutto il continente. Cosa che avvenne durante l’epopea napoleonica: infatti, il piccolo generale corso suggellò il progetto rivoluzionario autoincoronandosi Empereur alla presenza del Papa, e a dispetto dell’antichissima tradizione europea di elezione imperiale cristiana iniziata da Carlo Magno mille anni prima! Un gesto che non poté essere accettato dagli altri sovrani cristiani europei e che portò alla capitolazione di Napoleone I e alla Restaurazione del Congresso di Vienna del 1815 d.C..
Nell’Ottocento, il Cristianesimo era ancora assai diffuso e praticato in tutta Europa, in modo particolare nelle aree rurali dove più forte era l’azione dei parroci e dei monaci dei vari e numerosi ordini sorti nel corso di tutta la storia cristiana, da San Benedetto in poi, ispirati dalle figure centrali di San Patrizio, San Bernardo di Chiaravalle, San Francesco d’Assisi e San Domenico. La Chiesa di Roma, intanto, continuava a riformarsi e a proporre nuovi modelli religiosi e figure emblematiche ai fedeli (dai martiri ai santi alla Madonna), costruendovi sopra culti molto amati e diffusi, tuttora presenti in tutta Europa. Fra essi va certamente ricordata l’antica prassi dei pellegrinaggi nei luoghi santi (da Compostela a Roma, da Fatima a Lourdes a Međugorje) oppure verso le sedi ecclesiali che conservano le reliquie del Cristo o dei santi più popolari.
Pertanto, se agli inizi del XXI secolo d.C. la fede cristiana è in continuo declino, non si può negare che l’Europa, spirituale, culturale e politica, sia stata fondata e definita per duemila anni dal culto del messaggio divino dell’amore per il prossimo. Un argomento che oggi più che mai dovrebbe trovare spazio nelle fredde asettiche sale riunioni del Palazzo del Parlamento Europeo di Bruxelles, sede dell’Unione Europea la cui bandiera riporta dodici stelle in campo blu, chiaro riferimento alla Madonna madre di Gesù. Un atto di coerenza storica e simbolica sarebbe gradito.