Di fronte alla morte di una sorella, di un amico, si possono dire anche le stupidaggini più assurde. E devono essere accettate da chi non sta vivendo il medesimo dolore. Ma la sciocchezza non diventa, per questo, una grande idea di cui si appropriano chierici di regime e spie da balcone in astinenza. “Gli alpinisti morti sulla Marmolada dovevano essere fermati”. Già, fermati da chi?
Al di là del caso specifico, ciò che è davvero preoccupante è il desiderio di schiavitù, di dipendenza assoluta. La libertà fa male, è pericolosa. Dunque ci serve il Grande Fratello che intervenga a controllare e guidare ogni nostro passo. Pagate con bancomat e carte di credito: oggi vi spiegano che è per combattere l’evasione fiscale, domani interverranno a controllare i vostri consumi. Se acquistate burro e vino non avrete più diritto all’assistenza sanitaria. Con un pacchetto di caramelle vi aumenteranno il costo del dentista. Se comprerete un libro politicamente scorretto finirete sotto il controllo del Ministero della Verità e della psicopolizia.
Non bastano le telecamere ad ogni angolo, non bastano gli autovelox ogni 200 metri per trasformare ogni viaggio in un incubo. Bisogna fare di più. Serve un controllore che valuti le prestazioni atletiche di ciascuno per consentire o meno l’accesso ad un sentiero alpino o le bracciate in mare dove non si tocca. Perché, in montagna, muore più gente per infarto di quanta ne muoia sotto una valanga estiva.
E non vogliamo mettere un controllore in camera da letto per decidere quante volte alla settimana ci si può accoppiare, per quanto tempo ed in quale posizione? Ma siamo sicuri che tutti sappiano attraversare la strada sulle strisce pedonali? Forse è meglio un controllore anche in questi casi.
Non c’è nemmeno più bisogno di un’opera di convincimento da parte del Grande Fratello. Ormai è il cittadino che rifiuta ogni idea di libertà in nome di una sicurezza garantita dagli altri. Paura di vivere, paura di rispondere a se stessi.
Non abbiamo bisogno di più controlli, di più divieti. Abbiamo bisogno di più responsabilità individuale. Non di un Grande Fratello ma di una discreta capacità di essere liberi, di scegliere la propria strada, di percorrerla anche con i rischi che comporta. Perché non si muore soltanto su un ghiacciaio percorso a mezzogiorno sotto il sole. Si muore anche scivolando sulle scale o soffocati da un’oliva all’ora dell’aperitivo. Ma chi va in montagna deve essere consapevole delle proprie capacità e delle proprie conoscenze. E chi affronta l’aperitivo deve essere capace di mangiare un’oliva.
Essere responsabili, però, non fa parte degli insegnamenti della nuova Italia. Meglio dar sempre la colpa agli altri per i propri errori, per i propri fallimenti. Se non capisco le condizioni della neve e del ghiaccio la colpa è di chi non mi ha fermato. Se affronto una curva a velocità eccessiva, la colpa è di chi ha messo la curva. Se non so svolgere un compito che mi è stato affidato, e che avevo assicurato di saper fare, la colpa è di chi si è fidato di me. Vogliamo più divieti per vivere meno intensamente e sopravvivere più a lungo. Vogliamo più controllori.
Già, ma quis custodiet ipsos custodes?