Karl Popper, il filosofo liberale per eccellenza. Quello tornato in auge, come mai prima, in seguito alla sbornia liberal/liberista degli anni ’90. Il filosofo del Meraviglioso Mondo Nuovo della globalizzazione. L’antesignano del sogno di Fukuyama: la fine della storia.
Naturalmente non mi azzardo a parlare del Popper filosofo della scienza. Di un’opera come “Verità e falsificazione” che ha, comunque la si pensi, un indubbio valore. E andrebbe studiata, e soprattutto capita, da tutti gli zeloti che oggi giurano di credere nella Scienza.
Quello che mi interessa è il filosofo politico. Liberale. Che, ne “La società aperta e i suoi nemici” e in altri scritti, parla della necessità di limitare la libertà individuale. Di comprimerla e negarla. Per evitare l’anarchia e la, conseguente, dissoluzione della società stessa.
Probabilmente senza esserne cosciente, rende così palese la contraddizione insita nel pensiero liberale. Ovvero il contrasto insanabile tra una, proclamata a gran voce, Libertà astratta, e la necessità dello Stato. Contraddizione già messa in luce, con ben maggiore coscienza, da Giovanni Gentile nel suo “L’idea di Stato”. Che ne rappresenta il testamento spirituale e il più alto lascito.
Il nocciolo della questione è tutto nel concetto stesso di Libertà. Che viene confusa, nella nostra epoca, con la libertà dell’individuo di essere ciò che vuole. E di comportarsi di conseguenza. Ma questa è una libertà che serve solo a giustificare l’egoismo, e l’egocentrismo, di un individuo. Un individuo, di fatto, sempre più solo, atomizzato. Privo di legami e vincoli.
Di qui le assurdità che connotano una certa, sempre più diffusa, “cultura” del tempo presente. Le smanie sulla parità di genere che degenerano in follia. La Cancel Cultur. Gli abomini del politically correct. Le follie dell’estremismo LGBT e altro ancora.
Io desidero qualcosa ed essere qualcosa di diverso da ciò che la natura mi ha fatto. E ritengo questo non un desiderio. Bensì un diritto. E chi, ad esempio, mi ricorda che non sono un canguro, anche se vorrei esserlo, nega la mia libertà.
Paradossi, certo. Ma la realtà quotidiana ne presenta di ben maggiori. Come la figlia che denuncia i genitori e chiede loro i danni per averla messa al mondo senza il suo consenso.
Storie di ordinaria follia… sino a ieri. Oggi diventate la nuova regola sociale dominante.
Popper, probabilmente, intuiva i rischi di questa deriva. E perciò parlò della necessità di limitare la libertà individuale. Quando l’individuo diventa pericoloso per la società.
Tuttavia le sue parole sono state, e vengono sempre più usate per reprimere coloro che la società liberale criticano. Non quelli che della libertà fanno arbitrio senza controllo.
Un tempo, prima del liberalismo teorico, le libertà erano concrete. Vi era la libertà di parola, e quella di commercio. La libertà di viaggiare e cambiare paese. La libertà di decidere di sposarsi o di entrare in un convento. Chi lottava per le libertà, cercava di ottenere risultati concreti, maggiore agibilità in uno o più di questi campi. Mai avrebbe, però, pensato ad una libertà assoluta. E arbitraria.
Vi era, soprattutto, la libertà dei popoli. Di autodeterminare il loro destino. Di governarsi e scegliersi i governanti. Di essere liberi da un, eccessivo, peso fiscale. E la nascita degli Stati Uniti d’America ne è la prova storica. Le libertà erano innanzi tutto collettive. Cosa comune. Res publica.
Le libertà individuali, quelle vere ed importanti, venivano dopo, come ricadute. I desideri, le fantasie, le velleità e le illusioni non venivano considerate. Punto.
E se volete approfondire, leggetevi “La libertà prima del liberalismo” di Quentin Skinner.
La vera Libertà assoluta è quella dello spirito. Di un pensiero che si svincola dalla prigionia dei sensi, dei desideri egotici, delle bramosie e degli istinti. È questa la libertà di cui parla Virgilio in Dante, rivolgendosi a Catone Uticense, con i famosi versi:
Libertà va cercando ch’è si cara/ come sa chi per lei vita rifiuta.
È una libertà che non può venire imposta per legge. Che non ha senso scrivere nelle costituzioni. È conquista. E conquista ardua. Ma non può venire tolta da nessuna tirannide. Non può venire imprigionata in nessuna gabbia.