L’attrice Paola Cortellesi ha aperto la 63esima edizione del David di Donatello recitando un monologo tratto da un testo scritto dal giornalista Stefano Bartezzaghi, in cui si puntualizza come le parole se declinate al femminile diventano un luogo comune equivoco
Parole che spesso possono assumere connotazioni inneggianti alla violenza sulle donne.
Nei giornali e nei media troviamo sovente aggettivi e sostantivi riportati al maschile, pur se rappresentati da un soggetto femminile
Per contrastare la violenza sulle donne, occorre avviare un importante cambiamento culturale per raggiungere una consapevolezza che consenta di riconoscere gli stereotipi di alcune parole, così radicati nella nostra società, tanto da risultare invisibili.
Il primo gesto rivoluzionario, diceva Rosa Luxemburg, è chiamare le cose con il loro vero nome
Allora una donna è un sindaco o una sindaca? Una direttrice o un direttore? Sono passati decenni dalla pubblicazione del libro di Alma Sabatini “Il sessismo nella lingua italiana”, ma la questione è ancora aperta, perché il linguaggio che usiamo ogni giorno, ancora tende a veicolare stereotipi che appiattiscono l’immagine della donna.
Riguardo l’uso del femminile nella lingua italiana, i direttori delle testate giornalistiche e la maggior parte delle donne che hanno ruoli di dirigenti in Italia, si stanno rendendo responsabili di uno scempio culturale, linguistico, politico ed antropologico.
Nell’uso della lingua italiana sui media sta prevalendo oltre ogni misura, l’uso dei sostantivi, degli aggettivi e persino degli articoli maschili per indicare ruoli di potere occupati da donne.
Il linguaggio è la capacità cognitiva che più caratterizza la vita umana, ma un’altra caratteristica importante è l’arbitrarietà
La lingua italiana ha veicolato in un circolo vizioso gli stereotipi sessisti, ha reso iperboliche le differenze, questo è il fulcro del problema: quando il linguaggio non rispetta mai le donne.
La violenza sulle donne spesso passa attraverso la cultura e il linguaggio, perché ha a che fare con credenze e luoghi comuni. È proprio attraverso le parole che si disegnano i confini fra ciò che è accettabile e ciò che non lo è, creando di fatto la nostra visione del mondo.