Una delle cose che amo dell’inverno – e sono, in verità , molte – è che in questa stagione maggiormente posso apprezzare il piacere della lettura. Intendiamoci, chi ama leggere lo fa sotto gli acquazzoni autunnali come nei prati verdeggianti della primavera. Sempre che sia in prossimità di tali prati, cosa non sempre scontata. E che qualche, improvvisato, esperto non lo convinca che l’aria pura è nociva…
E chi ama i libri, legge anche sotto l’ombrellone o fra i monti dell’estate. Green Pass permettendo.
Ma l’inverno dà un maggiore senso di raccoglimento. Il freddo, la neve… Laddove si abbia la fortuna di vederla fioccare. E magari un caminetto acceso. E una buona pipa… Immagine convenzionale, lo so bene. Molto, forse troppo borghese, con un suo alone po’…British.
Però l’inverno è così. Invita al raccoglimento. Alla lettura. A pensare. Almeno coloro che ancora ci provano….
Leggere, dunque. Già, ma che cosa? Perché l’inverno ha i suoi libri. O meglio, pretende libri con determinate caratteristiche.
Fiabe, innanzi tutto. Perché questa è, per eccellenza, la stagione della fiaba. Quando la mente (o l’anima, per chi vi crede ancora) si eleva verso gli spazi siderali, e, al contempo, sprofonda nel folto di, immaginarie, foreste innevate.
E non mi venite a dire che le fiabe sono roba per bambini. Tolkien lo ha spiegato chiaramente in “Albero e foglia”. Non nascono per i bambini, sono espressione dell’anima, profonda e chiaroscurale, dei popoli. Spesso cruente e crudeli. Come sono di loro natura le Culture, prima di venire edulcorate dalla Civilizzazione. E questo è il Thomas Mann meno noto, quello di “Considerazioni di un impolitico”. Altra buona lettura per l’inverno che ci attende. Lungo e duro.
Comunque, le fiabe. Quelle dei Grimm. Che tutti citano e ben pochi hanno letto. Limitandosi alle versioni disneyane, che sono tutt’altro. Ma anche quelle popolari russe di A’afanaseev, che seguì le orme dei due fratelli tedeschi. Poi, lasciate perdere quelle italiane di Calvino. Scriveva bene, certo. E Prezzolini, vecchia carogna, lo ha giustamente definito “forse il migliore tra gli scrittori minori del nostro ‘900”. Ma non aveva il senso del fiabesco.
E invece leggete Buzzati. Quel capolavoro che è “Il segreto del Bosco Vecchio” e i “Racconti di Natale”. Aveva il fantastico, e il senso della fiaba, nel sangue. E con quelle lenti leggeva la, piatta, realtà circostante… Perfetto come antidoto al mondo in cui siamo imprigionati.
Poi, se avete voglia di qualcosa di più duro, cappa, spada e magia, “La spada spezzata” di Paul Anderson. Sospeso fra fantasy e fiaba, Troll ed Elfi, epiche battaglie navali, bambini scambiati nella culla… Anderson ha lo spirito dell’ epica. E il senso, incantato, della magia.
Poi C. S. Lewis. L’amico di Tolkien. L’altra figura di maggior peso culturale fra i famosi, ma ben poco conosciuti, Inklings. Non “Le cronache di Narnia”, però, rese celebri dalla trasposizione cinematografica. Piuttosto la Trilogia del professor Ramsom. Sospesa fra fantascienza apparente, leggende medioevali (delle quali Lewis fu grande studioso) e allegoria morale. Vi troverete non pochi spunti preveggenti sul futuro che, ora stiamo, vivendo. Soprattutto la, cosiddetta, Scienza come strumento di forze oscure. In serie: “Lontano dal pianeta silenzioso”, “Perelandra”, “Quella orribile forza”.
E, poi, aggiungerei “Le due vie del pellegrino”. Fabula dal sapore medioevale. E scopertamende allegorica. Con molti echi danteschi. In chiave, ovviamente, moderna.
Le brune invernali si prestano a evocare immagini di fantasmi, ombre inquietanti, mentre siedi, in apparenza tranquillo, come avvolto in una, irreale, bolla protettiva. E allora leggere, o rileggere E. A. Poe. I racconti, tutti. E sulla sua scia il nuovo gotico americano. “I racconti de Chtulu”, “La casa della strega”. Lovercraft e gli incubi che assediavano le sue notti. Ma anche il Conan di Howard. E, a ruota, i Racconti di Iginio Ugo Tarchetti e quelli di Arrigo Boito. La Scapigliatura è stato il nostro gotico moderno. E poi aggiungete “Le novelle immorali” dell’altro Boito, Camillo. Una ventata d’erotismo nella Bora invernale.
Per chiudere, un grande classico. “L’asino d’oro”, o meglio “La Metamorfosi” di Apuleio. Magia ed erotismo, misteri iniziatici ed ironia. Favola e realtà. Un capolavoro del romanzo di formazione. Infine, subito dopo, il Pinocchio di Collodi. Che da Apuleio molti spunti ha ripreso.
Letture così. Disparate. Libri per affrontare l’inverno. E non solo l’inverno climatico. Sperando di trovarli nella calza della Befana.