Macchè razzismo, macchè fascismo: la vera minaccia è il cretino, cari electomagici. Il cretino semplice, senza specializzazioni o master in idiozia applicata: il buon vecchio cretino di una volta.
Quello che crede a qualsiasi bischerata gli venga raccontata: al bar, sul tram, in televisione, su internet. Se la beve come acqua fresca e poi la rilancia, facendola rimbalzare, come in un flipper, contro gli altri cretini circostanti, fino a creare una deliziosa sinfonia di cretinate.
Quello che parcheggia sui posti dei disabili, sempre e solo per cinque minuti: poi, quando il disabile arriva, incazzato come un bufalo, si affretta a levarsi dalle palle, convinto di avere fatto una buona azione. Quello che non ascolta mai quel che gli si dice, perché, dopo le prime tre sillabe, sta già pensando alla risposta. Che sarà a pera, inevitabilmente, stante il ruolo precipuo del cretino nella conversazione: fare la parte del cretino, appunto.
Il cretino non parla le lingue straniere, ma è convinto che gli Italiani si facciano capire ovunque: il problema non è, però, tanto farsi capire, quanto capire cosa ti viene detto. Infatti, il cretino, nella migliore delle ipotesi, ad una domanda in inglese sulle sue preferenze in materia di cottura della bistecca, risponde invariabilmente: “Yes!” allo sconcertato cameriere. Altrimenti, non sarebbe un cretino.
Il cretino va in Salento per pubblicare su Facebook le foto della grotta della Poesia: dopo, nell’ordine, si lamenta del caldo, esalta la meravigliosa cucina pugliese e, infine, tornato a casa sua, proclama che come casa tua non c’è niente.
Peccato che si debba tornare al lavoro: un lavoro da cretini, si suppone.
Per il cretino non esistono le code: le regole valgono per quelli normali, mentre il cretino risponde ad una Weltanschauung sua propria, anarchica ed individuale.
Laddove le leggi della fisica impongono qualche deroga, il cretino fa di tutto per piegarle al suo istinto incoercibile: in autostrada, cambia continuamente corsia, creando rallentamenti ed ingorghi. In città, si mette sulla corsia di chi svolta e poi tira dritto.
Ovunque e comunque, il cretino imperversa.
Sulla vostra strada avrete, immagino, incrociato eserciti di cretini: a scuola, all’università, sul posto di lavoro, negli uffici, al cinema.
C’è sempre un cretino che incombe: può essere seduto accanto a te a teatro e proferire apoftegmi privi di senso sulla commedia in corso di recitazione; in sala d’aspetto, dal dentista, magari se ne sta in agguato dietro ad un’apparentemente innocua rivista di gossip; lo becchi sul treno che telefona a casa, urlando, per dire di fargli gli agnolotti, che sta arrivando; oppure in aereo, dove, indefettibilmente, applaudirà all’atterraggio, fosse pure un Roma-Milano con tempo terso.
Il cretino è come un crotalo: si mimetizza tra i sassi, per sbucare fuori all’improvviso, agitando il suo ferale sonaglio.
E, ve lo devo dire, miei adorati electomagici: non c’è rimedio né linimento. Al cretino non si sfugge: morto un cretino, se ne fa un altro.
Rassegnatevi. L’unica possibilità, non si dice di salvezza, ma, perlomeno, di minor pena, è armarsi di santa pazienza, e fare finta di nulla. Perché il cretino è come certi supercattivi della Marvel: più lo meni e più diventa forte.
Perciò, date retta al vecchio: la prossima volta che un cretino vi taglia la strada, vi rompe i timpani, vi scassa le balle, reagite con filosofia. Sono milioni, sono potenti e sono invincibili. A volte, riescono perfino ad impadronirsi del vostro corpo e ad eterodirigervi verso il loro cretinissimo obiettivo.
Prendete, ad esempio, il voto per la nomina di Foa: non mi direte che non vi siete accorti di uno sguardo stranamente obliquo da parte di Berlusconi? No, non è il lifting che gli altera l’espressione, credetemi: è posseduto. Sono ovunque, ovunque…