L’Africa dimenticata dai chierici di regime offre, invece, interessanti spunti di riflessione per lo scenario geopolitico globale. Una notizia di Agc Communication: in Mali e Benin l’Isis è nuovamente all’offensiva. Potrebbe sembrare quasi una notizia di routine, che si aggiunge a quelle non date dai chierici italiani sulle stragi in Burkina Faso. Ma questa volta c’è un particolare in più: i terroristi dell’Isis hanno attaccato e ucciso i soldati della Wagner. Russi, insomma. Ed ogni sospetto di accordi tra i terroristi e gli statunitensi ritorna più forte che mai. D’altronde non è certo la prima volta, anche nelle recenti vicende siriane.
Mosca, però, è sotto attacco ovunque. Tornano a spararsi al confine tra Kirghizistan e Tagikistan, in teoria Paesi entrambi nella sfera di influenza russa. Ma che, ormai, iniziano a guardarsi attorno in cerca di nuovi protettori. E riesplode il conflitto in Nagorno Karabakh tra azeri ed armeni, di nuovo una prova di forza – attraverso altri Paesi – tra Russia e Turchia. Con la indecente indifferenza del fronte atlantista che scarica i cristiani armeni pur di colpire Putin.
Un caos generale. Nel quale tutti i protagonisti (Usa, Cina e Turchia) cercano di approfittare delle difficoltà russe nella guerra in Ucraina per conquistare nuove zone di influenza. Sbagliano, però, gli atlantisti che si illudono che questi contrasti sul fronte orientale rappresentino la sconfitta del progetto di rafforzamento asiatico. La correzione dei rapporti di forza non ha nulla a che vedere con una eventuale rassegnazione alla subordinazione nei confronti di un Occidente sempre più invadente e sempre meno sopportato.
L’India che spiega ai russi che non è questo il momento per la guerra non è un Paese allineato con i diktat di Washington, ma è una potenza impegnata in una grande crescita che, per essere realizzata, ha bisogno di una pace militare per favorire una guerra commerciale. L’Europa e gli Usa, in questa fase, sono i mercati indispensabili per rafforzare le economie asiatiche. Non alleati, solo mercati. Per India, Cina, Indonesia, Pakistan, Vietnam. Mercati da spremere il più possibile. La Cina è già il secondo Paese al mondo come Pil, l’India ha superato la Gran Bretagna.
Il nuovo ordine mondiale si sta costruendo su queste basi. E la guerra in Ucraina ha rappresentato un fattore di crescita, poiché ha permesso a Cina ed India di avere gas e petrolio a prezzi scontati dalla Russia per essere ancor più competitive nei confronti dell’Europa (con la Cina che vende all’Italia, a prezzi maggiorati, il gas acquistato dalla Russia). Ma, ora, l’Asia ha bisogno che l’Europa sia debole ma non distrutta. Che le aziende vadano fuori mercato ma che la popolazione sia almeno in grado di comprare i prodotti asiatici. Dunque la guerra deve finire in tempi abbastanza brevi per non bloccare i progetti di sviluppo. Dopodiché, con nuovi rapporti di forza, la guerra contro l’Occidente al servizio di Washington potrà ripartire. Con la guerra al dollaro, con la guerra sulle produzioni industriali ed alimentari, con la guerra sulle materie prime che abbondano in Asia ma non in Europa.
Perché all’interno della Sco ci sono forti contrasti tra singoli Paesi, ma c’è anche una corsa a farne parte. Nella consapevolezza che il sole continuerà a sorgere ad Est e che il tramonto è una questione Occidentale.