“Washington non è interessata a fermare la guerra in Ucraina”. No, non è il complottismo di qualche putiniano che il Ministero della Verità metterà al bando o farà svaporare per non infastidire i chierici di regime politicamente corretti. La dichiarazione, inviata ieri in video al workshop del think tank Il Nodo di Gordio, è di Stephen Bryen, ex sottosegretario alla Difesa dell’amministrazione Reagan. Statunitense doc, dunque. Ed aggiunge, Bryen, che la Nato ha (volutamente?) ignorato le richieste di Mosca presentate prima dell’inizio del conflitto, proprio per evitare il conflitto.
E allora, a questo punto, come se ne esce? Gli interventi al workshop, seppur con punti di partenza differenti, portano ad una identica prospettiva: uno stallo sul fronte militare, con la Russia che mantiene il controllo del Donbass, con i due Stati che hanno proclamato l’indipendenza (Donec’k e Lugansk) destinati a vivere con la tutela militare di Mosca e con Kiev che non riconoscerà la perdita dei due territori e, probabilmente, di aree contigue. Una situazione di fatto destinata a prolungarsi nel tempo come – lo ha ricordato Franco Cardini – in Abcasia e Ossezia del Sud dopo l’autoproclamata indipendenza dalla Georgia.
Ma anche una situazione che è stata voluta da Zelensky. “Avevo insistito con Kiev – assicura il senatore Franco Panizza – affinché rispettasse gli accordi di Minsk. Inutilmente. Avevo avvertito la Nato che si sarebbe arrivati a questo punto. Tutto inutile. Avevamo anche prospettato anche l’adozione dei modelli di convivenza del Trentino e del Sud Tirolo. Nulla da fare”. Ed anche l’ammiraglio di squadra (ris) Paolo Sandalli già lo scorso anno aveva pronosticato una nuova guerra fredda tra Russia ed Occidente. Ma il governo dei maggiordomi di Biden aveva fatto finta di niente.
Però da questo cul de sac occorre uscire, il più rapidamente possibile. Perché, ha fatto notare Michele Geraci, ex sottosegretario al Ministero dello Sviluppo economico, le sanzioni non fermano le guerre e non cambiano i governi. In compenso hanno rafforzato il rublo, hanno già riportato i tassi russi al livello prebellico, hanno ricompattato i russi intorno a Putin, hanno minato la credibilità del dollaro e hanno spinto a nuovi accordi 150 Paesi che hanno rifiutato le sanzioni contro Mosca. “I veri putiniani – ha ironizzato Geraci – sono quelli che hanno imposto le sanzioni”.
Serve dunque la diplomazia, quella che Sua Mediocrità non è stato in grado di utilizzare nei rapporti con Putin. A differenza di Macron che, nei fatti, è pronto a riprendere la collaborazione con Putin. E lo stesso vale per la Germania. Persino per gli Usa. Mentre nella mente dei russi resteranno gli insulti volgari di Draghi e l’Italia rischia di pagare più a lungo degli altri il servilismo ottuso degli atlantisti che non conoscono geografia e demografia.
E qualora fosse il centrodestra a vincere le elezioni, sarebbe il caso di tenere molto in considerazione il parere di Geraci, uomo senza partito e, proprio per questo, ampiamente spendibile sul fronte internazionale.