Ancora troppo vicina nel tempo è la tragedia del ponte Morandi con le sue decine di vittime per entrare specificatamente nel discorso. Già fiumi d’inchiostro sono stati spesi a tal proposito. E si è solo all’inizio.
Lasciando perdere lo stucchevole quanto scontato rimpallo delle responsabilità, la comparsa di segnalazioni e perizie sinora sconosciute – tra le quali una dello stesso architetto che realizzò l’opera – sulla necessità d’intervento causa l’imprevista (?!?) erosione dovuta agli agenti atmosferici e quant’altro.
Si ritiene più che sufficiente una piccola riflessione. Riferita a chi a Genova vi si sia trovato per viverci o anche solo per svolgere un’attività lavorativa. Cioè l’infinità di volte che si è percorsa quella strada senza essere nemmeno sfiorati dal pensiero di come potesse essere la situazione sottostante. O delle volte che ci si è ritrovati a passare per il quartiere di Certosa senza manco venire sfiorati dall’idea di alzare la testa all’insù per rendersi conto di cosa passasse ed in che modo (assurdo) corresse al di sopra delle case.
Dal 14 agosto ci si vede costretti, malgrado tutto, a dover fare i conti con la mancanza di questo “monumento all’ingegno”, cosiccome veniva definito nelle pagine iniziali di un vecchio “Tuttocittà” dei primissimi anni ‘90. Per il traffico portuale, per il turismo, ma anche per quello auto/motociclistico locale che ne faceva uso per attraversare la città oppure, semplicemente, per percorrere pochi chilometri al fine d’evitare il perennemente congestionato traffico cittadino.
Chiuso questo “inserto”, fin troppo lungo ma allo stesso tempo generico ed incompleto, vale soffermarsi su quelle che sono le condizioni di manufatti di questo genere un po’ dappertutto nel nostro paese. Che anche di recente hanno causato il cedimento di varie strutture con il sacrificio di troppe vittime.
Sono disastrose. Solo per quanto riguarda i ponti in provincia di Pavia, di quelli considerati “a rischio” se non addirittura a “fine vita” se ne possono contare perlomeno una dozzina. Praticamente tutti quelli sovrastanti il più importante fiume italiano, ovvero il Po. Ma senza dimenticarne altri che interessano corsi d’acqua più ridotti, ma non meno importanti per quanto riguarda il volume di traffico quotidiano.
Se ciò può essere comprensibile, comprendendo le periodiche chiusure al traffico per urgenti manutenzioni, per ponti che superano il secolo di vita – su tutti quello della Becca e quello di Gerola, risalenti rispettivamente al 1912 e al 1916 – per gli altri lo è un po’ meno, trattandosi di realizzazioni ben più recenti. Ma solo per una parte di questi sono disponibili finanziamenti per i lavori di consolidamento. Per altri decisamente meno o nulla.
Per quanto tempo si sarà ancora costretti a percorrere strade nelle mani del Fato? Peraltro ben rendendosi conto di quella che sia la reale situazione sottostante?