È il secolo asiatico, senza ormai più dubbi. Non che cambi molto per noi: da tempo non era più il periodo della supremazia europea. E restare in coda di Washington o di Pechino non fa più molta differenza. Per far concludere l’anno in letizia ai sopravvissuti del Vecchio Continente, sono arrivate le analisi del Centre for Economics and Business Research sull’andamento dell’economia globale nei prossimi anni.
Scontata la conferma che, nel 2030 (non è molto lontano), la Cina supererà gli Usa come prima potenza economica mondiale. Ma in genere si tende a dimenticare l’India, o a confinarla tra i Paesi irrimediabilmente poveri. E invece l’India conquisterà il terzo posto mondiale già nel 2031. Ma tanto per evidenziare la crescita di Nuova Delhi, già il prossimo anno supererà la Francia mentre dovrà attendere il 2023 per scavalcare anche la Germania.
Nonostante le stupide sanzioni imposte a Mosca, la Russia entrerà nella classifica delle prime dieci economie mondiali nel 2036, subito alle spalle dell’Indonesia che si piazzerà al nono posto già due anni prima. L’unico successo per la vecchia Europa sarà ottenuto dalla Germania (e da chi, se no?) che, nel 2033, sorpasserà il Giappone. Bisogna accontentarsi.
E l’Italia? Questi ricercatori non riescono a comprendere i miracoli strutturali già realizzati da Sua Divinità Mario Draghi, non si lasciano convincere dalle meraviglie raccontate dai giornalisti di regime, non credono alle promesse delle associazioni imprenditoriali. E si limitano a confermare l’ottavo posto il prossimo anno, ma con una prospettiva di scendere al tredicesimo nel 2036.
Ma se le prospettive a 15 anni non sono rosee, la situazione potrebbe peggiorare già nel 2022, a causa dell’inflazione che fa crescere il Pil ma impoverisce i sudditi. Un’inflazione che, in Italia, è nettamente superiore a quella ufficiale, che erode il potere d’acquisto, che riduce i consumi. E che rischia di non essere solo un problema di pochi mesi.