Lavrov non è Giggino Di Maio. E neppure una Kamala Harris qualunque. Dunque le sue dichiarazioni ad una tv italiana meriterebbero un’analisi molto più attenta e risposte meno isteriche di quelle di Sua Divinità Mario Draghi o di Sua Nullità Enrico Letta. Non perché sia necessario condividerle, ma perché sarebbe indispensabile comprenderne ragioni ed obiettivi. Soprattutto dopo che lo stesso Lavrov ed altri vertici russi hanno replicato a muso duro, anzi durissimo, alle richieste di scuse arrivate da Israele.
Da molti anni Mosca aveva stabilito rapporti più che amichevoli con lo stato ebraico dopo che, in precedenza, l’Urss aveva sempre preferito flirtare con i Paesi arabi. Anche per poter contare su basi navali nell’agognato Mediterraneo. Poi la situazione si era modificata, sino a ribaltarsi completamente. D’altronde gli israeliani di origine russa sono numerosi e questo ha agevolato e rafforzato i legami.
Lo si è visto anche nell’aggrovigliata situazione siriana. I russi, sostenendo Assad, si sono ritrovati dalla stessa parte dell’Iran e degli Hezbollāh, nemici di Israele. Mosca, però, ha sempre preferito far finta di niente di fronte ai continui attacchi israeliani in territorio siriano non solo contro postazioni di Hezbollāh ma anche contro quelle delle truppe di Assad.
La guerra in Ucraina sta però rimescolando carte ed alleanze. Lo stesso Assad, sostenuto da Teheran nella guerra civile fomentata dagli atlantisti, ha iniziato un percorso di riavvicinamento ai Paesi arabi. Mentre in Asia l’India si è ritrovata corteggiata da Cina e Pakistan, cioè i nemici di sempre. E la Cina è, in questo scenario, l’alleato fondamentale di Mosca. Ma anche l’India è in ottimi rapporti con la Russia, da cui ha aumentato le importazioni di petrolio, per ovviare ai mancati acquisti da parte occidentale.
Dunque lo schiaffo rifilato da Lavrov ad Israele potrebbe rappresentare un segnale di cambiamento radicale dei rapporti. D’altronde lo stato ebraico è strettamente legato alla politica statunitense e non può certo essere definito equidistante nel conflitto ucraino.
E se a Roma il servilismo atlantista lasciasse ogni tanto un briciolo di tempo per ragionare, ci sarebbe da preoccuparsi. Non solo sotto l’aspetto militare. Perché il governo dei Migliori ha raggiunto un accordo per forniture future di gas da Israele, nell’ambito del progetto Poseidon per sostituire il gas russo. Ma il gasdotto, che dovrebbe essere in funzione nel 2025 (e nel frattempo?) passerà per Cipro, feudo della finanza russa. Pecunia non olet, ma già fa ridere. Forse fa ancora più ridere l’accordo raggiunto con l’Algeria. Che non ha gas aggiuntivo da vendere. E tra chi dovrebbe fornirlo ad Algeri affinché lo venda a prezzo maggiorato all’Italia c’è, ovviamente, Gazprom. Perché i rapporti tra Algeria e Russia sono ottimi e Gazprom sta anche lavorando per nuovi giacimenti di gas proprio in Algeria.
Non vanno neppure ignorate eventuali conseguenze in Libia dei cambiamenti di alleanze in Asia e in Africa settentrionale. In Cirenaica si saldano gli interessi di Egitto, Russia e Francia. Una situazione complicata. Come diventano sempre più complicati i rapporti della Turchia nello scenario complessivo. Ankara vende i droni, micidiali, agli Ucraini. Ma acquista materie prime da Mosca ed ha bisogno dei turisti russi per la prossima estate. Quelli abituali più quelli che non verranno più in Italia.
Dunque la confusione è grande sotto il cielo. Ma, questa volta, non si può essere sicuri che la situazione sia eccellente.