E se il lavoro agile, lo smartworking, rappresentasse la salvezza dei ristoranti massacrati dal governo degli Incapaci? La salvezza, non la conservazione della situazione precedente. Perché aver cancellato le cene porterà comunque a chiusure definitive, alla riduzione del personale, a difficoltà pesanti per chi riuscirà a sopravvivere. Ma proprio lo smartworking, da non confondere con il telelavoro, potrebbe evitare il disastro totale.
Certo, occorrerebbe smetterla con il terrorismo mediatico. Occorrerebbe smetterla con la repressione affidata a chi non sa leggere decreti ed ordinanze e, se riesce a leggere, non riesce a comprendere. Perché consentire di tenere aperti i locali per poi trattare come criminali quelli che ci lavorano e quelli che li frequentano è quanto di più idiota possa esserci.
Ma, per essere ottimisti, si può provare a guardare avanti, ad un futuro dove la discrezionalità dei repressori lascerà il posto al rispetto dei cittadini. Anche adesso, però, in attesa dei nuovi arresti domiciliari di massa, è ancora possibile incontrarsi. Perché il lavoro agile non è legato a orari precisi, a differenza del telelavoro, ma a progetti da realizzare. Dunque è possibile una pausa pranzo che non si limiti alla mezz’ora o all’ora concessa in ufficio con il lavoro in presenza.
E allora, se si vuol salvare almeno una parte della categoria, occorre un cambiamento radicale nella mentalità dei sudditi/lavoratori e, soprattutto, dei seminatori di terrore. Chiudere tutti in casa, giovani o anziani, significa solo provocare disagio psichico generalizzato. Diffondere la paura significa creare una realtà di monadi che, per i prossimi anni, avranno gravi difficoltà di relazioni. Dunque la pausa pranzo può diventare l’unico momento della giornata in cui è possibile socializzare, incontrare persone al di fuori dell’ambito famigliare, imbattersi in un sorriso, parlare vis à vis. Bisogna quindi favorire la possibilità di incontri nei ristoranti non più del centro – dove si potrà andare sempre più raramente – ma dei quartieri semi centrali e periferici dove la gente vive e dove, ora, deve restare a lavorare.
Tenendo conto che le aziende, pubbliche e private, hanno approfittato dello smartworking per eliminare i buoni pasto e per scaricare sui dipendenti il costo dei computer, dei collegamenti internet, dell’elettricità, il problema diventa quello dei prezzi del pasto al ristorante. È vero che nei bar del centro i prezzi erano assurdamente elevati, ma il buono pasto contribuiva almeno in parte.
Chi non verrà salvato dal lavoro agile è invece proprio il settore dei bar nelle aree centrali. Difficile commuoversi per la sorte di chi faceva pagare 10 euro un’insalata, ma non erano tutti così. In troppi, però, hanno approfittato per anni della situazione e chi si è svenato in pausa pranzo non ha molti motivi per solidarizzare.
Ma le chiusure serali penalizzano soprattutto i locali delle località turistiche. Non è il massimo partire per una vacanza con la consapevolezza che, la sera, si deve rimanere confinati in hotel (dove è raro mangiar bene) perché fuori è tutto chiuso e bisogna comunque tornare in fretta in camera causa coprifuoco.