In fondo i numeri possono non essere fondamentali. Mentre la democrazia mostra tutti i suoi liberi e, soprattutto, le sue insopportabili menzogne, le realtà sempre più piccole riescono a produrre momenti di intelligenza su cui si può concordare a prescindere dalle posizioni precostituite. Così da una sempre più piccola ed irrilevante Cgil arriva il plauso per l’iniziativa sull’auto lanciata da Mino Giachino, leader del minipartito Sì Tav Sì Lavoro che non è riuscito ad entrare nel consiglio comunale di Torino.
Così l’ex sottosegretario ai Trasporti è riuscito a rimediare alla “dimenticanza” della Finanziaria che si era scordata dell’automotive. Ed ora, grazie a Molinari e Giorgetti, i soldi dovrebbero arrivare ad un settore che è caratterizzato da auto e Tir vecchi ed inquinanti.
Per Giachino gli incentivi dovrebbero consentire di bloccare il declino di Torino, in atto da 25 anni. Peccato che, nel frattempo, l’industria dell’auto abbia preso un’altra strada, abbia superato le Alpi mentre la nuova gigafactory voluta dal padrone francese non verrà collocata in Piemonte. Star fermi a guardare non è particolarmente utile, dunque ben vengano gli incentivi all’acquisto di nuove vetture. Che, secondo Giachino, non dovranno essere solo elettriche bensì anche ibride ed Euro 6. Perché l’arretratezza delle industrie italiane provocherebbe 70mila esuberi se si dovesse passare immediatamente all’elettrico.
Tra l’altro le politiche di un governo di maggiordomi di Biden stanno impoverendo le famiglie italiane, ed il potere d’acquisto si ridurrà ulteriormente nei prossimi mesi. Dunque anche gli incentivi potrebbero non stimolare a sufficienza la domanda.
Per questo potrebbero rivelarsi più utili gli investimenti indirizzati ai politecnici ed ai centri di ricerca
impegnati – conclude Giachino – nell’individuazione delle possibili soluzioni per rendere sostenibile la mobilità del futuro.