A margine delle scarse rievocazioni del 24 maggio 1915 (meglio evitare di ricordare che le guerre si possono persino vincere) qualcuno ha posto allo storico Marco Cimmino la fatidica domanda: “cosa sarebbe successo se l’Italia fosse rimasta neutrale?”. Correttamente Cimmino ha risposto che è sempre azzardato fare dell’ucronia. Però sarebbe ipotizzabile un crollo anticipato della Russia. Una Russia che nella realtà, tra la primavera e l’estate del 1916, è invece stata ad un passo dal ribaltare le sorti del conflitto con quella che è stata definita “Offensiva Brusilov”, raccontata nel libro “La zampata dell’orso” di Rotondo, Pozzato e Di Martino.
L’offensiva prende il nome dal generale russo Aleksei Alekseevich Brusilov che ne fu il principale protagonista e rappresentò il momento più alto delle fortune dell’esercito zarista. Per qualche settimana le sorti della guerra sembrarono ribaltarsi, spingendo l’Austria-Ungheria sull’orlo del baratro. Poi, però, l’intervento della Germania e la debolezza strutturale della Russia – duramente provata dalle disastrose sconfitte del 1914 e del 1915 – bloccarono l’offensiva portando ad un precario equilibrio che si sarebbe definitivamente rotto nel 1917.
Ma l’ultimo e disperato sforzo dell’esercito zarista da un lato determinò la definitiva subordinazione strategico-tattica delle forze austroungariche all’alto comando tedesco e, dall’altro, accelerò la crisi finale dell’esercito russo.
Il libro, pubblicato da Libellula edizioni, ha il grande merito di riportare l’attenzione sull’importanza del fronte orientale nel corso della Grande Guerra. Un fronte troppo spesso dimenticato dagli storici italiani, a differenza di quanto avviene tra i colleghi europei.
Elvio Rotondo coautore del libro ha evidenziato che nelle ricerche delle fonti: “non sono stati utilizzati solo gli apporti della storiografia russa dell’epoca, spesso conditi da vera propaganda post-rivoluzione, ma sono state impiegate anche le ricerche effettuate da nuove generazioni di storici russi che hanno garantito l’utilizzo di ulteriori e importanti materiali, tanto documentari quanto di natura memorialistica, dando il via all’esplorazione di un filone in precedenza limitato (poco esplorato)”. Si sono dunque corretti i condizionamenti ideologici e politici imposti negli anni successivi dal regime sovietico.
Ma si è dato anche spazio ad altri aspetti, come quello relativo all’impiego che fu fatto dell’aviazione. La Russia non disponeva di un’industria aeronautica adeguata alle sue ambizioni, nonostante la disponibilità di alcuni progettisti di grande valore e fu sempre dipendente dalle forniture degli alleati e dalle produzioni su licenza. Brusilov riuscì però a sfruttare al meglio quanto aveva a disposizione, facendo della ricognizione aerea uno dei fattori che gli assicurarono il successo, almeno finché fu in grado di contare sulla superiorità aerea locale.