Carl Junius von Eschenbach, pseudonimo dell’autore, è docente di filosofia. “L’arte sottile del cigno. All’ombra di Apollonio di Tiana” (€uro 28,00 p. 345) pubblicato da Edizioni Ester, è il suo primo romanzo, che colpisce per la profondità dei temi e per la scrittura avvincente con cui riesce a cesellarli in forme narrative coinvolgenti.
Il regista e produttore cinematografico ebreo russo di origine tedesca, Dimitri Ivanovic Rosenkranz, mentre sta viaggiando sul suo jet personale tra Berlino e New- York, rischia di morire a causa di un meteorite di grandi dimensioni in caduta sull’oceano Atlantico, che è neutralizzato prima di toccare la superficie, dalle forze armate USA e della NASA, anche se la sua frammentazione provoca comunque danni ingenti.
Arrivato a Montreal in Canada, il regista decide di immergersi nelle letture di argomento apocalittico, in particolare catastrofi naturali e profezie. Nel corso della sua documentazione, Rosenkranz viene a conoscenza del Lungo Computo dei Maya, un’accurata suddivisione temporale, iniziata nel 3113 a. C. e il cui termine era previsto nel 2012 usando 5 periodi temporali. L’unità di misura utilizzata era il katun e ne esistevano 13 tipi diversi, a ciascuno dei quali corrispondeva una profezia con un proprio sviluppo specifico.
L’attenzione di Dimitri è colpita dall’ultimo katun del Grande Computo il 4, iniziato nel 1993 e che sarebbe terminato il 21 dicembre 2012, portando a una trasformazione della terra e al recupero dell’unione dell’uomo con se stesso e con l’universo, smarrita da millenni, a condizione che gli esseri umani non distruggessero la terra e avessero la capacità di trasformare le forze che si oppongono a questo traguardo. Mentre passeggia lungo il fiume San Lorenzo, immerso nelle sue riflessioni, si ricorda improvvisamente dello scritto che il suo collaboratore Giovanni gli ha consegnato prima della sua partenza e dell’insolita telefonata in cui gli proponeva di realizzare un film su Apollonio di Tiana, un sapiente dell’antica Grecia, discepolo di Pitagora, e taumaturgo molto noto ai suoi tempi.
Inizialmente scettico, Dimitri, dopo essersi documentato su Apollonio e averne colte le diverse sfaccettature, non ultima quella di aiutare l’umanità a evolversi, recuperando la sua parte divina, s’immerge nella lettura del soggetto propostogli da Giovanni, scritto di suo pugno dal giovane stesso, in china rosso amaranto. Giovanni, infatti, in quel rosso di china trasfonde il sangue della sua anima, fortificata sotto l’ombra vigile di Apollonio di Tiana, che come Virgilio lo guida attraverso la selva oscura della vita ricongiungendolo con anime affini, che lo porterà verso la luce dell’io che si fonde e non si confonde con la luce del noi, fino a giungere alla congiunzione della primavera della giovinezza con la maturità di chi nel suo autunno, decide di contribuire per gratitudine, dopo essere scampato a una tragedia planetaria, a evitare una tragedia peggiore, la devastazione dell’anima prima di quella del corpo.
L’autore è senza dubbio riuscito a fondere l’elemento romanzesco con gli elementi scientifici, filosofici e storici, scolpendo personaggi maschili e femminili autentici nelle diverse sfaccettature della loro umanità. Non è caduto nella trappola della pedanteria didascalica o del catastrofismo cupo e disperato, ma ha ritratto una possibile alternativa, non scevra di rischi, che ha lo scopo non tanto di indicare a lettori e lettrici una salvezza preconfezionata, ma piuttosto un invito empatico a cercarla soprattutto in se stessi e se stesse.