Dunque. Un museo di Amsterdam si fa prestare, previi accordi, la collezione di ori e prodotti di oreficeria opera degli antichi Sciti, da un museo della Crimea.
Normale. Gli scambi culturali e di collezioni tra i grandi musei sono, ormai, cosa quotidiana.
Non è, però, normale che, terminata la mostra, il museo olandese non restituisca i preziosi oggetti a quello della Crimea. Ma li consegni ad un museo di Kiev. Adducendo il pretesto che, per l’Olanda, la Crimea fa parte della Ucraina. E non della Federazione Russa.
Notizia scarna. Su un episodio che, a tutta prima, appare di nessuna importanza.
Ma pensateci bene. La Crimea è stata annessa dalla Russia nel 2014. O meglio è tornata, in quella data, alla Russia di cui aveva storicamente sempre fatto parte. Finché, nel 1956, Nikita Kruscev, segretario del Partito Comunista Unione Sovietica, non decise, con un atto di imperio, di consegnarla all’Ucraina. Per munire questa repubblica sovietica di un, prezioso, sbocco al mare. Per inciso, Kruscev era ucraino.
Comunque, dal ’14 anche i sassi sanno che la Crimea è parte della Russia. E siccome questa mostra sull’Oro degli Sciti non è certo iniziata prima di quella data, il museo olandese ha dovuto chiedere i reperti in prestito al museo della Crimea. Quindi… ai russi. E sta agendo in palese malafede, dal momento che non li restituisce al legittimo proprietario. Bensì a Kiev. Trincerandosi dietro la giustificazione che l’Olanda considera la Crimea parte della Ucraina. E non della Russia. Un magliaro napoletano di antica memoria avrebbe agito con maggiore correttezza. O almeno trovato giustificazioni meno vergognose.
Vabbè, si dirà, con quello che sta succedendo… Cosa vuoi che contino quattro reperti archeologici di un popolo che quasi nessuno più ricorda?
Eh no… al di là del fatto che è un “tesoro” archeologico di grandissima rilevanza, e che alcuni decenni fa fu esposto a Venezia (dove ebbi la fortuna di vederlo)….
E senza dilungarmi sul fatto che gli Sciti furono popolo importante storicamente, grandi cavalieri e temuti guerrieri… capaci di fermare l’espansione dell’impero Achemenide di Dario il Grande… e che praticamente i greci consideravano Scizia tutte le, odierne, Russie – Ucraina compresa…
Il comportamento del Museo olandese non è solo vergognoso e sprezzante di tutte le regole non scritte che stabiliscono i rapporti tra enti culturali internazionali, è la spia di qualcosa di molto più grave.
Qualcosa che mostra come il, cosiddetto, Occidente abbia ormai perso ogni ritegno e senso dell’onore. E come consideri la cultura. Solo ed esclusivamente merce, nonché strumento di ricatto e oggetto di predazione indiscriminata.
D’altro canto questo è solo l’ultimo di una serie di episodi. Il divieto di tenere corsi accademici su Dostoevskij… il divieto a musicisti russi di esibirsi nei teatri occidentali… l’ostracismo contro la musica di Ciajkovskij…. e potrei continuare..
In parallelo l’esaltazione di una “cultura ucraina” che, semplicemente, non esiste, se non a livello folklorico e per due soli nomi: Frank e Shevchenko, che i più, se non tutti, confonderanno col vecchio campione del Milan…
Per altro ricordo, non per la prima volta, che i grandi scrittori ucraini per nascita, da Gogol a Solzhenicyn, hanno tutti scritto, sempre in russo.
In Russia, a Mosca, a San Pietroburgo, si continua ad eseguire ed ascoltare Verdi e Debussy. Nelle loro università si studiano Dante e Shakespeare. Guerra o non guerra.
Traete voi le conclusioni.
È una questione di libertà della cultura. Che, in Europa, ha sempre, o quasi, avuto uno status, una forza, che la poneva al di là dei conflitti fra stati.
Ora non più. Ora le scelte vengono determinate da chi considera cultura le produzioni di Netflix.