Oggi intervistiamo Luca Del Fuego Confortini, talent manager, talent producer, agente letterario e attore.
Personaggio poliedrico, Luca Del Fuego Confortini, ho avuto il piacere di incontrarlo nei primi anni duemila a Milano.
Il mondo della pubblicità era molto competitivo e la sua era una agenzia appena nata che teneva testa alle grandi.
Poi, molti anni dopo, ci siamo rincontrati sul set di un film per il cinema. Eravamo in buona compagnia perché c’erano anche Rutger Hauer, Michael Madsen, Geraldine Chaplin, Christopher Lambert, Marc Fiorini.
Tutti rappresentati da lui, in esclusiva per l’Italia.
Ma non si è fermato.
Per il cinema ha lavorato come manager, consulente casting e talent producer in produzioni internazionali con attori come Harvey Keitel, Murray Abraham, Robert De Niro, Vincent Schiavelli, Samantha Morton, William Baldwin e altri.
Come attore lo ricordiamo nei film e nelle serie di Maccio Capatonda interprete di vari ruoli e anche di se stesso.
Dal 2017 è anche agente letterario. Citiamo: Guardavo il cielo (Rolando Del Torchio per PIEMME), Cuore di seta (Shi Yang Shi per Mondadori), Libro e Libro 2 (Maccio Capatonda per Mondadori Electa).
Allora, Luca, quando ti ho conosciuto, quasi vent’anni fa, eri agli inizi di carriera.
Ora ho problemi a sintetizzare la tua presentazione. Ma quante cose fai?
Ok, non era una vera domanda. Per farti una vera domanda ho fatto un piccolo sondaggio tra i miei amici attori
(chi meglio di loro ha qualcosa da chiederti). Tra le più gettonate ci sono:
Quanto può incidere veramente un agente nella carriera di un attore?
Secondo me è fondamentale. Solo se c’è, però, la giusta sinergia tra un manager o un agente e un attore si può costruire un percorso. Diversamente l’attore rischia di essere frenato dalla sua stessa agenzia; non per volontà ma per mancanza di tempo e di energie da investire sull’artista o anche di comprensione del carattere e della visione dell’artista. È il motivo per cui faccio il manager e non più l’agente. Per avere uno sguardo estremamente focalizzato.
Ad un certo punto mi sono reso conto che era fisicamente e umanamente per me impossibile dare il giusto apporto a tutti gli attori dell’agenzia. Quando un attore è seguito invece con costanza e gli si dedica il tempo che richiede lo sviluppo di un percorso professionale, i risultati sulla carriera ci sono senz’altro.
Ti è mai capitato di credere di aver trovato un vero talento che poi non ha avuto successo? E se sì, la colpa è stata tua che non l’hai saputo aiutare o sempre tua che avevi preso una cantonata?
In verità, no. Nel senso della cantonata. Per fare questo lavoro serve uno speciale intuito per riconoscere il talento. Io credo di averlo nel mio DNA. E l’ho, inoltre, esercitato parecchio. Mi fido molto del mio intuito e fino ad ora non mi ha mai tradito. Per cui non credo di aver mai preso una cantonata, per rispondere alla tua domanda. Mi è successo che qualcuno ha cominciato con me molto bene, realizzando magari 4 o 5 film, e poi la sua carriera si è interrotta. Erano molto giovani, tra i 17 e i 21 anni, e a quell’età se vuoi fare una carriera di un certo tipo devi essere pronto a fare dei cambiamenti anche come persona. Semplicemente non erano pronti. Sono i talenti sprecati di cui parlava De Niro nel film “Bronx”.
Mi è successo di perdere degli attori che ho fatto debuttare e che invece sono diventati nel tempo grossi nomi. Li ho persi, almeno in parte, a causa della mancanza, ne parlavo prima, di un adeguato e costante apporto di tempo ed energie di cui ha bisogno un talento per svilupparsi. Ma anche mancanza di empatia e della medesima visione. Li ho persi, ma questo mi ha aiutato a reimpostare il mio lavoro e soprattutto il mio stile di lavoro. Adesso credo di aver trovato la squadra giusta con cui portare avanti un cammino nel lungo tempo che secondo me è la cosa prioritaria. Il mio approccio istintivo nel riconoscere e nel scegliere un talento, quello, non lo cambio.
Hai mai detto a qualcuno che era meglio lasciasse perdere col mondo dello spettacolo perché secondo te non aveva il potenziale?
Sì, assolutamente. Ed è il motivo per cui ad alcune persone non sto simpatico. Probabilmente non solo per questo motivo…ma di certo sono quelle a cui ho consigliato di cambiare mestiere. Sono molto schietto e diretto quando esprimo un mio punto di vista e a non tutti piace. Spesso preferiamo sentirci dire ciò che vorremmo ma il mondo dell’arte spesso è spietato e io potrei risultare crudele. Ma solo a fin di bene.
Avevo un monologo in teatro, alla fine di questo spettacolo meraviglioso che si chiamava “Una notte all’Escuriale”, liberamente tratto da “La scuola del buffoni” di Michel De Ghelderode. Io ero molto in alto, su questo enorme catafalco e dicevo proprio questa frase, che “il segreto dell’arte è la crudeltà”.
Il nostro mondo non è un ambiente che ti permette di contare solo sui tuoi meriti, e non ti regala niente. Io non sono crudele, sono realista. E comunque, quando ho detto a qualcuno di lasciar perdere, credo di avergli semplicemente dato l’opportunità di valutare meglio le sue scelte, per non trovarsi in futuro ad aver perso tempo su di una strada che non lo porterà dove desidera.
Sei un talent manager, ma sei anche un attore.
Quando pensi di funzionare in un determinato ruolo che fai, ti provini da solo? Detta meglio: che rapporto hai con il tuo essere attore? Di solito c’è chi fa l’attore e poi fa altro; tu fai altro e poi fai anche l’attore, è così?
Parto dall’ultima domanda. Sì è vero, io faccio altro e poi sono anche attore, ma questo non vuol dire che l’essere artista non sia una realtà costante nella mia vita professionale e personale. L’arte influenza fortemente la mia filosofia di lavoro. Alla mia componente artistica non potrei rinunciarci perché è parte preponderante della mia essenza. È una parte di me indispensabile che prendo molto sul serio. Ho fatto tutto il mio percorso per diventare un attore, ho studiato. Ho vinto una borsa di studio. Con tutti i sacrifici e anche le soddisfazioni del caso. Ho grande rispetto per il lavoro dell’attore e mi piace molto praticarlo. Malgrado questo, anche per rispondere alla tua prima domanda, non mi sono mai “provinato da solo”. Anzi, io non mi propongo mai per un ruolo. Quando mi chiedono di interpretare un ruolo cerco sempre di girare l’occasione anche a vantaggio di qualcuno dei miei artisti. Dico: “se mi vuoi vengo, ma mi piacerebbe che tu valutassi anche questo mio attore…”. Non mi piace essere su di un progetto come attore senza avere perlomeno qualcuno dei miei come compagno di quel gioco, di quell’avventura.
Da qualche anno fai anche l’agente letterario. È un mondo molto diverso da quello dello spettacolo a cui sei abituato.
Qual è la differenza più evidente che hai notato?
Guarda, è un lavoro molto più rilassante di quello del cinema. E in alcuni momenti anche più coinvolgente. Durante la realizzazione, che seguo tranquillamente dall’inizio alla fine, periodicamente leggiamo, rileggiamo, ci scambiamo opinioni con l’autore e l’editor. È più sofisticato, se vuoi, ma non è certamente stressante come fare l’agente nel cinema. Non ci sono i ritmi del cinema, non ci sono i rischi del cinema, non ci sono le tensioni che ci sono sul set quindi anche le paure, quindi tutte le complicazioni per un attore. Non c’è la logistica. Non ci sono un sacco di problemi. Tutte le energie si possono concentrare sul lavoro effettivo. La performance dello scrittore non è legata, come quella dell’attore, a dei tempi e dei luoghi precisi, magari circondato da tantissime persone. Lo scrittore è un autore che per lavorare ha bisogno di concentrazione e di quiete. Capisci che lavorare con una persona così è tutto un altro approccio emotivo.
L’ultima domanda è sul futuro. Hai un progetto, un’idea, che è ancora solo nei tuoi pensieri, ma che vorresti realizzare, e ce ne vuoi fare un accenno?
Si. Diciamo che di progetti ne ho un po’, ma ce n’è uno che mi batte nel cuore da tanti anni e che è anche correlato ai miei viaggi in America. Sono viaggi che faccio dal 2010, la maggior parte in solitaria.
Vorrei realizzare una serie che racconti i Nativi Americani oggi. Che racconti qual è il loro patrimonio e quanto quel patrimonio spirituale e culturale potrebbe aiutarci ad avere una visione differente del mondo moderno. Ho cominciato scrivendo dei diari. Tutte le volte che nei miei viaggi riesco a entrare in contatto con i nativi e a vivere con loro è una grande occasione per migliorare la mia ricerca, arricchire il mio progetto e soprattutto me stesso. Sto preparando una presentazione. Sono convinto che lo realizzerò.