Si è svolto nei giorni scorsi, presso la prestigiosa sede dell’associazione culturale M.Arte, il Museo Venanzo Crocetti a Roma, l’incontro autunnale “parliamo di economia” promosso dall’Associazione ed alla presenza di un pubblico di soci e partecipanti molto numeroso. L’esposizione è stata fatta sotto forma di conversazione dal prof. Vittorio de Pedys e dal dottor Roberto D’Orta.
Si è partiti con illustrazione della congiuntura internazionale, rilevando la frenata dell’economia europea, che chiuderà l’anno con una crescita pressochè nulla, contrapposta and una crescita ben maggiore dell’economia Usa. Inflazione in calo, bassi tassi di disoccupazione, deficit e debiti in costante crescita sono fattori comuni alle economie occidentali.
Gli espositori attribuiscono le ragioni della maggiore crescita americana rispetto a quella europea, fra gli altri, ai maggiori e più efficaci investimenti, sia pubblici che privati, effettuati negli Usa nel campo dei microprocessori, dei chips, del manifatturiero, dell’elettrico, del re-shoring.
Il focus successivo sull’economia italiana ha evidenziato luci ed ombre della congiuntura attuale: a fronte di successi non banali rimangono nodi non risolti e gravi problemi strutturali su cui non si riesce ad incidere. Tra le note positive, la crescita dell’occupazione, anche a tempo indeterminato, che porta il livello di disoccupazione al livello più basso degli ultimi decenni; la crescita del PIL post-covid la quale, pur certo non esaltante, è migliore di alcuni partner europei, come Germania e Inghilterra che si trovano già in fase recessiva; lo spread tra rendimenti dei titoli di stato italiani e tedeschi che è inferiore a quello del governo “tecnico” precedente; il tentativo del MEF di riequilibrare la composizione dei detentori del debito pubblico aumentando la quota delle famiglie a scapito dei fondi ed enti internazionali; una manovra economica del governo volta ad una necessaria riforma fiscale complessiva ed al sostegno delle fasce deboli di reddito; la sostanziale promozione del merito creditizio dello Stato da parte delle agenzie rating.
Permangono peraltro gravissimi squilibri, con un limitatissimo spazio di manovra sui fondi pubblici, ipotecati per più anni dalla decisione dei governi precedenti di spendere somme elevatissime sul bonus 110%; un debito pubblico che ha sorpassato il 145% del PIL; un deficit corrente che supera il 5%; un tasso di crescita del PIL ad un passo dalla recessione; una cattiva qualificazione della spesa pubblica assegnata in maniera pressochè totale a spese correnti; una sostanziale assenza di investimenti infrastrutturali e produttivi per il futuro; il dubbio sull’efficacia delle somme ricevute e spese tramite il PNRR per favorire le riforme e la crescita; una bassa produttività multi-fattoriale, cioè di tutte le componenti del sistema economico e produttivo; i salari fra i più bassi d’Europa; la pressione fiscale altissima abbinata ad ancora elevati livelli di elusione; la necessità di rifinanziare una quota imponente del debito pubblico (50%) entro il 2027; la conseguente fragilità dei conti pubblici di fronte ad un aumento dei tassi di interesse; la spesa per interessi che spiazza risorse destinabili ad altri scopi.
L’esposizione si è conclusa con un’analisi dei riflessi sui mercati finanziari internazionali con riferimento a investimenti in azioni ed obbligazioni suscitando un interessante scambio di opinioni con il pubblico.