Settant’anni e non sentirli. O forse sì, ma far finta di niente. La Valle d’Aosta festeggia, con un leggero ritardo imposto dalla stagione turistica, il compleanno del suo bardo, Luis de Jyaryot, Luigi Fosson all’anagrafe italiana.
Un concerto che vedrà riuniti i musicisti che hanno seguito negli anni la strada intrapresa da Jyaryot, da Maura Susanna ai giovani dell’Orage.
Purtroppo pochi, a sud di Pont Saint Martin hanno avuto la possibilità di ascoltare Jyaryot.
Eppure c’è stato un periodo in cui il bardo ayassino aveva deciso di uscire dalla sua Vallée per far conoscere la nuova musica popolare valdostana. Non soltanto agli emigrati valdostani in Francia o Quebec ma anche agli italiani. La scelta di cantare in patois (il francoprovenzale parlato in Valle) non aiutava, indubbiamente, ma d’altra parte moltissimi italiani hanno apprezzato canzoni inglesi e americane senza conoscere neppure una parola di inglese.
Ma la mancata espansione nazionale è stata dovuta a scelte di vita di Jyaryot.
Non l’unico caso di musicisti delle periferie italiani. A Nord Est una scelta analoga l’ha compiuta Pilat che, dopo un esordio a Sanremo come Pilade, si è ritirato nella sua Trieste continuando a comporre canzoni di successo per altri interpreti famosi mentre lui preferiva cantare in triestino per la sua gente.
Jyaryot ha diradato le esibizioni, ha pubblicato un Cd (La mineur) dopo il primo Lp (La Noëla Tradixon, la nuova tradizione), e ha cambiato vita e interessi. Le sue prime canzoni politiche – su autonomia e cultura valdostana, con una ricerca anche linguistica e di grafia del patois – hanno lasciato spazio a brani più intimistici, d’amore. D’altronde anche il mondo intorno a lui è profondamente cambiato in questi 50 di attività musicale. Il discorso indipendentista è sparito dalle scene, i rapporti con i baschi sono un simpatico ricordo di anni formidabili e divertenti.
Sono un ricordo i tanti contatti stabiliti ad Ayas con attori, musicisti, artisti, politici, intellettuali. Da Eugenio Finardi a Francesco Nuti, solo per ricordarne un paio.
Curioso che un piccolo paese come Ayas, un migliaio di abitanti suddivisi in una miriade di frazioni, fosse diventato un centro di aggregazione, di scambio culturale, di stimolo intelligente e continuo. Un polo di assoluta libertà intellettuale, dove non esisteva il pensiero unico obbligatorio perché se è unico e obbligatorio non è neanche un pensiero.
Di tutto questo va dato merito a Luis de Jyaryot, al di là delle grandi e sconosciute canzoni che ha regalato a un pubblico piccolo ma entusiasta.
E poiché l’omaggio a Luis arriva a pochi giorni dal maggio, è giusto ricordare alcuni versi di una delle sue canzoni più belle “Lo meis de may”, il mese di maggio:
Il mio paese è completamente diverso da quei paesaggi che tu conosci.. la gente si vuol bene e si parla di più, e questo è differente.
Non è proprio così, ma è ancora bello sognarlo.