Domani saranno le Ceneri. E se si fosse buoni cristiani si dovrebbe “levare la carne”. In tutti i sensi. Dalle mense, e non solo. Perché comincia il periodo, lungo, dell’astinenza. Del sacrificio e, appunto, della mortificazione della carne.
Per questo l’ultima sera di Carnevale è, o dovrebbe essere, per tradizione, la più sfrenata.
E lo era, un tempo. I grandi banchetti, sulle tavole imbandite trionfo di fritti… E di carni soprattutto, nelle più diverse preparazioni. Pasticci in crosta dolce, per giocare sul contrasto con il sapore dei ragout e degli intingoli fortemente speziati. Pasticci di frolla, farciti con frattaglie, animelle, frutta, zafferano… dicono ne andasse pazzo Casanova. Che del Carnevale, e soprattutto della sua ultima sera, è, in certo qual modo, lo spirito… e il fantasma.
Perché visse gli ultimi grandi Carnevali veneziani. Gli ultimi bagliori, come sempre i più splendidi prima del tramonto…

Ciò che venne dopo, che giunse sino a noi, fu solo imitazione. Pallido riflesso negli occhi di uomini che avevano progressivamente perduto la capacità di aprire i loro sensi. Di usare la sensualità per andare oltre le parvenze. Il piacere come strumento dell’intelletto. Che ancora affiora nel Sensismo di Condillac. E nella incolmabile nostalgia di Leopardi…
I sensi, divenuti ottusi, poi. Prigionieri della grande illusione. E il piacere del vivere, del godere delle percezioni e sensazioni, trasformato in vana, e inappagante, ossessione. In una prigione che, a poco a poco, ci ha condotto all’inettetudine alla vita. All’angoscia. A questo presente che non conosce più Carnevale, né Quaresima. Che non conosce più le variazioni dei colori. Che ignora le metamorfosi della Natura…
Pure, questa è l’ultima sera di Carnevale. E, necessariamente, i Fantasmi si affollano. Nella memoria e nelle vie deserte della città ove si vive. E, soprattutto, ove si è vissuto.
Immagini e parole divengono presenze. Frammentarie, evanescenti. Eppure, presenze. Il ricordo di un Campo di Venezia nella notte, luci rosso cupo, un gruppo di attori /mimi spagnoli, che inscenavano un’astratta e forsennata tauromachia. Con tanto di anima del Toro che, alla fine, si sollevava gonfiata dal vapore, in un tripudio di fiamme e mortaretti. Reminiscenza dell’antica festa pagana, del sacrificio del Toro, per invocare la rinascita della Natura. Dopo l’inverno.
Immagini di un film. “Nudo di Donna”. Di Manfredi. Con una Giorgi di inquietante bellezza. Casta e conturbante nudità. Una ricerca senza senso. Un’inquietudine per le calli, labirintiche, di una città popolata di maschere multiformi…

“E sia pace con te, bel cicisbeo /e sia pace con te, scaltra Melina /del mare a grado andate /spesso volte l’abisso amor protegge…” Fantasmi di parole, lette molti, moltissimi anni or sono. Lèrmontov a Venezia, nel 1830. Tra maschere e feste. Il Carnevale visto con gli occhi di un uomo aduso a scrutare l’orizzonte della steppa. E le vette innevate del Caucaso…
E poi…
E poi mi fermo. Perché la nostalgia si fa struggente. E troppi sono i Fantasmi che bussano alle finestre, in questo gelido, e insolito, Febbraio…
La nostalgia, la malinconia è parte integrante dell’ultima sera di Carnevale. O Carnovale, come scrive il Goldoni che meglio di ogni altro, forse, seppe interpretare questo umore umbratile.. Filosofico, come si diceva un tempo..
Perché, domani, è l’inizio di Quaresima… le Ceneri. Memento Mori. Mi viene da sorridere. Ormai, da tempo, le Ceneri sono tutti i giorni. Una sola, lunga, disperata Quaresima.