Novilunio di Gennaio. La prima Luna Nuova di quest’anno. Il cielo non è, però, oscuro. Anzi… Il vuoto di Luna, in un cielo terso e freddo – siamo anche qui sotto zero – esalta la luce delle Stelle. E se appena volgi gli occhi al cielo, dimentico dello squallore che ti circonda, vieni colto da un’intensa… meraviglia. Sì, proprio meraviglia. Non riesco a trovare altre parole che possano dare voce a questa emozione.
Meraviglia, dal latino “mirabili” degno di essere ammirato. L’emozione che ti afferra di fronte a qualcosa di nuovo. Di inatteso. E di incredibilmente bello…
Già, ma le Stelle, in una notte senza Luna, non sono affatto cosa nuova. È un ripetersi ciclico, se vogliamo monotono. Eppure…

Eppure suscitano meraviglia. Se appena riesci e vederle. Ad alzare gli occhi, in una notte come questa. Perché il meraviglioso non è qualcosa di straordinario, di inusitato. Di completamente esorbitante dalla norma. Quello semmai è… Un mostro. Come la nascita di un vitello a due teste, o fenomeni consimili… Un uomo senza volto, ad esempio…
Che per gli antichi Pontefici Massimi erano sempre presagio funesto.
Le stelle sono lì da sempre. Come la Luna. Eppure vederle rinnova la meraviglia. Ci fa tornare fanciulli, per dirla con Pascoli. E, per un attimo forse, ci rende poeti. Perché il poeta è, appunto, un “fanciullino”, capace di riscoprire il meraviglioso dietro le apparenze usuali.
Come seppe fare, in modo ineguagliabile, il miglior Leopardi. Quello delle “Ricordanze” e del Pastore…
Ma questo è un Novilunio particolare. Il primo del Nuovo Anno. Se fossi un augure o meglio ancora un mago astrologo persiano, passerei la notte scrutando l’oscura volta celeste. Per trarre Auspici.
Ma sono un uomo di questo tempo. E il corso delle stelle non mi rivela segreti. Solo….mi affascina. E, appunto, meraviglia.
Aiutando una fantasia, meglio un’immaginazione ormai stenta. Sempre più costretta nelle gabbie delle comuni rappresentazioni.
La Notte senza Luna in realtà non esiste. È solo suggestione visiva. Di una vista incapace di penetrare oltre il velo di tenebra. Velo che copre, ma non del tutto cela, il riverbero dell’astro dai molti nomi. Nomi femminili sempre. Astarte, Ishtar, Iside, Artemide, Diana… La Luminosa. Ma, necessariamente, anche L’Oscura. L’Ecate greca. L’Iside nera, o velata dei Misteri egizi.
E I Romani, proprio in questo periodo, celebravano aspetti oscuri della Dea Mania, che aveva a che fare con la morte. Carmenta, assimilata a Diana nella funzione di proteggere le donne durante il parto. In fondo due momenti che avevano a che fare con il passaggio dalla Luce alla Tenebra. La morte e la nascita. Le due Porte. Non a caso poste nel mese sacro a Janus. La Porta, il passaggio per eccellenza…
E poi vi era Fornax, arcaica e misteriosa. Quasi dimenticata già nella tarda età repubblicana. Aveva a che fare con il calore. La si invocava prima di cuocere il pane. Ma era anche la Dea del furore erotico. “Fornicare” sembra abbia quell’origine…

La vita, l’eros, la morte… I volti della Luna. Artemide /Diana veniva invocata, appunto, come Trivia. Dai Tre volti. Il Cielo, la Terra, gli Inferi…
Lo so, divagazioni annoiate, di una tarda sera di Gennaio. Guardando con meraviglia la luce Oscura di una Luna Nuova. E attendendo…
La stessa attesa di remoti progenitori. Forse quei cacciatori raccoglitori che conducevano vita stenta. Ma che sapevano guardare il Cielo e leggere le Stelle.
Attesa che la Luna si rinnovi. E torni la luce. Che la vita torni a fluire, libera e possente, in queste lunghe, gelide notti.