Brandika…. Un non luogo. Definito uno dei luoghi più sperduti d’Europa. Villaggi balcanici illuminati da fioche lampade ad olio. Silenzi innevati. Solitudini cariche di leggende e misteri…
Ma Brandika non esiste. Nè mai è esistita. Puoi cercarla quanto vuoi sugli atlanti storici. Non c’è. Introvabile. Invece la trovi in un libro. “Il mistero della Signora Scomparsa” di Ethel Lina White. Una delle Signore del romanzo di suspense degli anni ’30. Oggi, ingiustamente, dimenticata. Soprattutto la trovi, questa terra di misteri, nel, quasi omonimo (La Signora Scompare) film che Hitchcock ne trasse nel 1938. Il migliore, o meglio l’ unico che merita d’essere visto, del suo periodo inglese. Ambientato, appunto, nella misteriosa, e ignota, Brandika. Poi ne hanno fatto, come sempre un remake. Sullo sfondo, però, della Germania di Hitler. Ma io preferisco decisamente il primo. Con le sue atmosfere…balcaniche.
Comunque, come dicevo, Brandika non esiste. Ma, state bene attenti, avrebbe potuto esistere. Perché la carta geografica dell’Europa è decisamente molto più complicata, e variopinta, di quanto crediamo. La carta storica, intendo. O meglio, quella dei popoli e delle culture. Che sono, o, purtroppo, erano ben altro di questa Unione grigia e monotona. Che è un po’ come aver voluto (chissà chi, poi? ) sostituire le innumerevoli varietà delle salse che si usavano in tutto il Vecchio Continente – la salsa verde, la rubra, la panna acida, il tzaziki, la maionese,… – con un insapore, e stomachevole ketchup.
Brandika non esiste . Ma avete mai sentito parlare della Livonia? Il nome sembra ancora più fantastico. Un paese da operetta viennese fine ottocento. E invece è una provincia Baltica. Con una lunga storia di lotte, conquiste, crociate addirittura. Chè un Papa, nel 12° secolo, bandì proprio una Crociata contro i Livoni. Che volevano restare ostinatamente “pagani”. Ed avevano anche trucidato qualche missionario troppo ostinato e invadente. Crociata portata avanti, con spietata determinazione, dai Monaci Portaspada di Curlandia. Altro nome che sembra evocare un qualche Paese dei Campanelli. E che invece esisteva lassù, più o meno dalle parti di Riga. E dove i monaci guerrieri governarono per secoli, baluardo contro le invasioni mongole insieme ai Cavalieri Teutonici, dai quali vennero assorbiti. Sino alla Riforma Luterana. E alla conversione del loro ultimo Gran Maestro…
E, scendendo più a Sud, chi ha mai sentito anche solo nominare la Gagauzia? Nome che sembra balzare fuori dalle pagine della Terra di Mezzo tolkieniana. Mentre è, oggi, una provincia autonoma (molto autonoma) della Moldavia. E già qui per molti scende un velo di nebbia… Ma la terra dei Gagauzi ha storia antica. E costumi tutti suoi, strani in apparenza. Visto che questo popolo parla turco. Ma è di fede ortodossa. Giunto nel Medioevo dalle, limitrofe, terre di Bulgaria…
E la Transnistria? Ogni tanto, molto di rado, affiora in qualche cronaca. Provincia ribelle della Moldavia, Repubblica indipendente riconosciuta, praticamente solo da Mosca e da alcuni suoi satelliti, sembra essere una sorta di Tortuga incistata tra i Balcani. Crocevia di mafie e traffici d’ogni tipo. Ma ha sulle spalle una storia millenaria, Daci e Sciti, Greci e Romani, contesa fra la Rus’ dei principi Variaghi di Kiev e il Granducato di Lituania, invasa da turchi e tartari, conquistata dai Russi e rivendicata dai Rumeni…
Per non parlare, poi del Baluardo d’Europa. Il Caucaso, dove Eracle pose i confini orientali del nostro mondo. Ossetia, Kabardino Balcaria, Inguscezia, la martoriata Cecenia, l`Abcasia ribelle, il Dagestan… Un mosaico. Un labirinto di genti, lingue, culture, fedi…di cui poco o nulla sappiamo. Che ignoriamo, avendo del nostro oriente europeo solo una vaga rappresentazione. E il nome Russia. Che però copre mille altri nomi, la Jakuzia gelida e ricca di diamati, la Buriazia dei nomadi cavalieri, la Carelia, la mai completamente doma Circassia…
Ma, se volgiamo lo sguardo al tramonto, al nostro Occidente, e se ci togliamo le lenti deformanti che, da troppo tempo, ci siamo autoimposte, vediamo una carta geografica altrettanto varia e suggestiva. Il grande mosaico iberico. Non solo Castiglia e Lusitania. Ma Aragona, Catalogna, la Galizia ove ancora suonano cornamuse gaeliche… E i Paesi Baschi, Andorra…
Poi l’Occitania, la grande tradizione di Arnaud Danielle e Guglielmo IX, la culla della civiltà cortese. Negata dal nazionalismo giacobino. E anche in Italia per lo più ignorata.. Perché anche qui da noi ci sono Atlantidi sommerse, luoghi sperduti e civiltà perdute. Resti della risacca della, cosiddetta, Storia. Ma ben più ricchi di altre storie. Di leggende. Di fiabe. Dalle valli piemontesi, ove risuona il patois, all’Euregio alpino, che sembra uscire da un racconto di Joseph Roth. E i masi dei Mocheni in Trentino.. E Luserna, cimbra.
E ancora, le terre di Calabria ove si parla albanese, e le Valli del Natisone, di cultura slovena. I Greci di Sicilia, e i Ladini della Val di Fassa, con i loro paesi ove si canta ancora della luzienda Soreghina…
Basta così, anche se potrei continuare. La varietà, che stiamo perdendo, è una ricchezza gettata al vento. In nome… sinceramente non so di che cosa…
Sono pensieri da sera gelida d’inverno. Torno a leggere.
“Storie di Maghrebina” di Gregor von Rizzori. Racconta la sua giovinezza. In Maghrebina. Un altro luogo che non esiste. Ma il grande scrittore in lingua tedesca sta parlando della sua terra natia. La Bucovina. Che esiste… o meglio, esisteva. Un altro luogo perduto….