Robert Musil era un carattere schivo, scontroso. Al limite (e forse oltre il limite) dell’antipatia. Aveva un taglio militaresco. Autoritario. Che gli derivava dalla formazione giovanile in un collegio militare. Esperienza traumatica e tormentata, che si riflette nel suo primo romanzo “Le perversioni del giovane Törless”.
Poi, aveva servito nell’esercito asburgico. Soprattutto in Alto Adige e Trentino. E la permanenza tra la Valsugana e la Valle dei Mocheni, a Palù del Fersina, gli ispirò uno dei suoi racconti simbolici più intensi. E complessi. “La Grigia”.
Carattere difficile…ma scrittore grande. Grandissimo. Non molto prolifico, a dire il vero. Ma basta il suo capolavoro incompiuto “L’uomo senza qualità” a fare di lui uno degli autori chiave per la comprensione dell’età contemporanea.
Ê un romanzo strano…ma meglio sarebbe dire un non-romanzo. Perché a Musil non interessa l’intreccio narrativo. È quello delle psicologie, il gioco del subconscio, al centro dell’opera. Descritto con, apparente, freddezza da anatomista. E con ironia amara, e talvolta surreale. Per altro Musil amava le farse, e si cimentò anche nello scriverne.
Ora, nessuna velleità, da parte mia, di raccontare, sintetizzare, analizzare un’opera di cotanta portata. Anche perché sinceramente dubito sia possibile davvero…
Ma la grande suggestione sta, almeno per me, proprio nel titolo. In quell’uomo senza qualità… Che è, poi, Ulrich, il protagonista…
Solo che, man mano che procedi nella lettura, ti rendi conto che il buon Ulrich di qualità ne ha…e in abbondanza.
Ma non sono le qualità adatte a vivere nel suo tempo. Nella società e tra la gente dove il caso, o il destino, lo ha voluto far nascere.
È un po’ la stessa situazione dell'”inetto” protagonista di tutti i romanzi di Svevo. E, per certi versi, del pazzo pirandelliano. Follia e inettitudine sono il frutto, appariscente, di altre qualità, diverse, che rendono difficile, se non impossibile la vita nella società.
Qualità nobili, per altro. Che in altra epoca, in altri contesti sarebbero state ben diversamente apprezzate. Ma che, nel qui e ora dei romanzi novecenteschi, divengono causa di emarginazione. Di solitudine. E anche di irrisione..
In effetti, una cosa sono le virtù, altra le qualità. Le virtù non sono qualcosa che si può trattare. Non sono relative. Hanno un che di…assoluto. Non conoscono l’erosione del tempo. Non si adattano. Potremmo dire che sono ben poco…plasmabili. Elastiche.
Il coraggio, ovvero la capacità di agire partendo dal cuore, senza ambiguità, senza elucubrazioni, di slancio, o è, o non è. E così la pietà, la compassione, la generosità. La capacità di amare e di dedicarsi a qualcosa o qualcuno. Senza calcoli o interessi.
Ma le qualità sono altra cosa. Si adattano al mondo. Al momento e alle situazioni. E, per essere inseriti socialmente, per non essere considerati degli strambi – come lo Zeno sveviano o il Leone Gala di Pirandello – bisogna avere quelle…giuste.
E le qualità giuste sono, inevitabilmente, quelle determinate dalla pubblica opinione. O, se vogliamo, dalla moda del momento. Condizionata da influenze non sempre, anzi quasi mai limpide.
Ne abbiamo avuto ampia riprova in questi anni. Le qualità per essere socialmente accettati sono diventate, paradossalmente, quelle che, sino a non molto tempo prima venivano considerate degne di disprezzo. Di riprovazione. In buona sostanza, vizi.
Il pigro, l’indolente è diventato un nuovo modello di cittadino. Perfettamente rispondente a quello che veniva richiesto da un potere volto a reprimere ogni moto di iniziativa individuale. Ed è stato incentivato in ogni modo. Il, famoso o famigerato, reddito di cittadinanza ne è solo una delle forme più appariscenti. E neppure la peggiore, a dire il vero…
L’uomo con le qualità, l’opposto di Ulrich, è quello che nuota sempre seguendo la corrente. Anzi, neppure nuota. Si lascia trascinare. Sposa, in modo acritico, la vulgata politicamente corretta del momento. Che oggi assume le vesti di una tolleranza di tutto e di tutti i vizi e le eccentricità, e i desideri più strampalati. E di una, assoluta e violenta, intolleranza nei confronti…della natura. E delle sue leggi. Negate in nome della libertà e della democrazia….
L’uomo con le qualità vive bene in questa, come in qualsiasi società. Che sia il paradiso consumistico democratico occidentale, o il più bieco totalitarismo, lui vi si adatta perfettamente. Come un topo nel formaggio. Potremmo definirlo uomo buono per tutte le stagioni… Una tipologia umana sempre più diffusa.
E, in particolare, ben rappresentata nella classe politica…
D’altro canto, non è forse Platone che ha detto che ogni popolo ha il governo che si merita?
E un popolo come il nostro, così pieno di uomini con le qualità, cos’altro potrebbe meritarsi?