San Valentino. 14 Febbraio. Le proprietaria del ristorantino al cui banco sto bevendo un aperitivo, ha occhi tristi. Azzurri e tristi come il ghiaccio dell’inverno russo. La sua terra d’origine.
“Ci fanno stare ancora chiusi la sera… E a San Valentino, per noi, sarebbe stato vitale. Certo, facciamo il pranzo, visto che, per fortuna, cade di domenica. Ma non è la stessa cosa…” e scuote sconsolata la testa…
Già… L’onda lunga dei DPCM del Conte avvocaticchio del popolino, le sentenze dei tecnici, laureati per posta ad Addis Abeba, del CTS, le Ordinanze degli odontotecnici stanno ancora lì. A far danno, nel vacuum di un paese ancora senza governo. Mentre si perde tempo a dover inventare fantasiosi ministeri della transizione ecologica, o quel diavolo che è, per accontentare i ghiribizzi di un evaso dall’avanspettacolo… Provo rabbia. E pena. Per lei. E per tanti altri come lei. Magari non con gli stessi occhi…
Le sorrido comunque. Buon San Valentino, le dico.
“Buon San Valentino” mi risponde, con un accenno di sorriso…
Festa, per altro, che sento poco. O nulla. Quando ero ragazzo non esisteva. Anzi, si cominciava appena a scoprirla attraverso i fumetti di Charlie Brown. Che sperava di ricevere un “Valentino” dalla fantomatica ragazzina dai capelli rossi… Da noi, a Venezia e Terraferma, si usava il Bòcolo. La rosa rossa, una sola, da portare all’Amata per San Marco. Tradizione fondata su una storia tra un trovatore e la figlia del Doge che risale, più o meno, al XIII secolo. Ma San Valentino no. Quello è arrivato ben dopo. Dall’America. In sostanza un’americanata…
Tuttavia questo Valentino sembra sia esistito davvero. E che fosse Vescovo di Terni, ed avesse protetto l’amore di due fidanzati osteggiato dai parenti. Perché lui cristiano e lei pagana. O viceversa. Non ricordo bene, e sinceramente non sono i particolari che contano. Ma la sostanza. E la sostanza è che Papa Gelasio, nel 496, mise questo Valentino in Calendario a presidiare il 14 Febbraio. Perché proprio in quel giorno cadevano i romani Lupercalia. E i luperculi – dodici giovani seminudi, coperti di pelli e sangue di un capro sacrificato in una grotta – correvano intorno alle sette vette del Palatino. Ululando come lupi e colpendo con corregge di cuoio le donne che si assiepavano al loro passare. Perché il tocco dei luperculi garantiva la fertilità.

Era una festa orgiastica. Accompagnata da grandi banchetti, solenni bevute e… una certa promiscuità e licenza. E al buon Gelasio la cosa non andava proprio giù. Anche perché i romani erano, ormai, tutti convertiti al Cristianesimo. Ma ai Lupercalia, con annessi e connessi, faticavano a rinunciare… E allora ecco là San Valentino. Protettore dell’amore, ma quello sacro. Benedetto sull’altare. Poi, molto poi, la cosa arrivò nel Nuovo Mondo con gli immigrati italiani. E siamo così tornati a Charlie Brown…
Ma i Lupercalia restano, comunque, sullo sfondo, celati dietro il velo di sdolcinature sentimentali e commerciali dell’odierno San Valentino. E i luperculi continuano a lanciare il loro richiamo nella notte dell’anima. In quella zona d’ombra del cuore in cui l’uomo civilizzato non è mai giunto. E che gli incute un profondo, assoluto terrore. Perché è lì che si trovano le nostre radici. Quelle che affondano nella terra e ci legano agli Animali.
Non si tratta di un vaneggiamento eco – ambientalista. Non di una posizione astratta e intellettualistica. È l’esperienza del legame simbiotico con un cosmo popolato di entità, spiriti… Dei.
Il Dakota che si sottopone alla, spietata, disciplina della Danza del Sole. E si identifica con lo Spirito totemico del Bisonte.
L’antico Berseker germanico, che scendeva in battaglia identificandosi con l’Orso.
I guerrieri giaguaro aztechi… Gli uomini pantera delle leggende africane…

E i luperculi romani. Anzi, italici. Chè culti consimili sono attestati in tutta la dorsale della Penisola in età pre-romana… I luperculi che correvano evocando la fertilità. L’eros nella sua forma più pura (e selvaggia) come forza rigeneratrice… E uomini e donne venivano invasati dal loro richiamo. Una scena che possiamo solo vagamente immaginare, oggi. Di forza. Sensualità. Trionfo su ogni paura. Sulla grande paura, soprattutto. La Morte. Ché Eros sconfiggeva e fugava.
Troppo, anche solo per le nostre, fragili e volgari, fantasie di uomini civilizzati. Condannati ad un’esistenza aliena dalla Natura. E dagli Spiriti che la popolano. Disperatamente soli. E disperatamente incapaci di vivere.
Questo è il mio augurio di San Valentino.