Cortina. Cortina d’Ampezzo. La “perla delle Dolomiti”. Certo una delle valli più belle dell’arco alpino orientale. Ampia, soleggiata. Verdissima. E con una cerchia di montagne incantevoli. Il Pomagagnon, con la sua forma che ricorda un cappello a tubo. Il Cristallo, splendente di nevi e ghiacciai. Le maestose Tofane, la seconda vetta delle Dolomiti. I dolci declivi del Faloria…. E ancora il Nuvolau, perennemente, o quasi, avvolto nelle nubi. Il Becco de Mezzodì, ove batte il sole al suo apice. La Croda da Lago. Il Sorapis, luogo di incantate leggende….
Tanta bellezza ha fatto di Cortina, per lungo tempo, un luogo di villeggiatura privilegiato. E aristocratico. Con i suoi grandi alberghi, alcuni ancora in stile Liberty. Frequentato da un’aristocrazia mondana e sportiva, attratta dagli sport invernali. Poi dal mondo del cinema, ché vide la località bellunese essere set di film italiani e stranieri. E muoversi per le vie del suo, piccolo centro Alberto Sordi e Elizabeth Taylor…
Ineluttabile, infine, il declino. Il celeberrimo, un cult come si usa oggi dire, “Vacanze di Natale” dei Vanzina, che mostra una Cortina, pur sempre splendida, ma ormai luogo di vacanze sulla neve per coatti arricchiti.
Ed oggi, ciò che resta dei Grandi Alberghi, si popola, periodicamente, di ricchi russi, grossi ed anziani, che passano le giornate a bere nei bar degli hotel. Mentre le loro, spesso giovanissime, accompagnatrici, sciamano per il Corso. Facendo la gioia e la fortuna dei, costosissimi, negozi di moda.
Che ci volete fare? Dal conte Nuvoletti agli epigoni dei faccendieri dell’est. Sic transit…
Ma le montagne restano pur sempre lì. E restano i boschi e la neve. E quel profumo di mugo che il vento porta sino in centro. Resta la meraviglia dell’Aurora che rende pallide le rocce Dolomitiche. E del tramonto, che le incendia e sembra farvi fiorire giganteschi roseti.
E poi, v’è qualcuno che in quella Valle Incantata è tornato, dopo molto, moltissimo tempo. Qualcuno che sembra uscire da un passato inquietante. Dalle tenebre della protostoria. Il lupo.
Perché il lupo, anzi i lupi sono tornati nella valle d’Ampezzo. Le notizie si susseguono da un po’ di mesi. Prima qualcuno che passeggiava, o meglio faceva, come si dice oggi, footing lungo un sentiero, è tornato strepitando che aveva visto un lupo.
La cosa aveva suscitato ben poco scalpore. Tanti, troppi i cani che ai lupi assomigliano nei cortili delle ville ampezzane. Nulla di più facile che uno di questi avesse deciso de farsi un giretto nei boschi limitrofi. Magari in preda a qualche impulso atavico…
Però, man mano che gli avvistamenti aumentavano, è cominciata a emergere qualche preoccupazione. E, poi, sono cominciati gli ululati.
Le notti di Luna non sono più silenziose. I Lupi ululano, e salutano l’antica Dea. E sono branco, ormai, non più individui solitari. Branco che, sempre più, sta avvicinandosi al centro urbano. Già si aggirano nelle frazioni più periferiche. Intorno a Fiames. Dove vi sono un paio di alberghi e un grande campeggio. Fra le ville cintate del Pecol…. Tra poco, inesorabilmente, giungeranno a Cianderies. E di lì al Corso sono pochi passi. O meglio balzi.
Gli uomini cominciano ad avere paura. Solo i più vecchi, tra i valligiani, ricordano i lupi nella zona di Cortina. E le pecore trovate sgozzate nei pascoli. Ma ora non ci sono più pecore. L’economia ruota quasi esclusivamente intorno al turismo. E ai turisti, agli uomini che vanno in vacanza in montagna, il lupo fa paura. Molto più di quella che incuteva a contadini e pastori del passato. Che temevano i danni che l’ospite indesiderato poteva arrecare alle loro proprietà. E non si tratta neppure della paura di qualche signora elegante che il lupo prenda il suo adirato Fuffi, il barboncino tutto agghindato e scodinzolante, come una variante della merenda. No. È un timore molto più profondo. Atavico.
Il cittadino teme il lupo. Perché il lupo gli ricorda, o meglio evoca nel suo subconscio un’altra vita. Un’epoca remota, in cui uomini e lupi coesistevano. Fianco a fianco. Lottavano fra loro. Ma erano, in fondo, simili. Branchi di predatori. Cacciatori spietati, organizzati secondo una gerarchia interna. Un clan, dove la sopravvivenza del singolo dipendeva dalla solidarietà del gruppo. Erano, per lo più, antagonisti. Talora, però, collaboravano nelle battute di caccia. E si spartivano la preda. Così, probabilmente, incontrammo il cane. Che era il nostro compagno di caccia. Come noi feroce. E spietatamente leale. Altro che Fuffi…
Temiamo il lupo perché ci ricorda come eravamo. E ciò a cui abbiamo abdicato. Gli ululati nelle notti di Cortina ce lo ricordano. Prima di diventare cittadini. Prima di diventare gregge e prede.