Stimo molto Marco Rizzo per una serie di motivi che nell’attuale politicume appaiono – come si dice in una finezza linguistica – obsoleti: la coerenza ideologica che lo porta a difendere anche posizioni indifendibili senza mai porsi in difesa giustificativa; la spregiudicatezza di sostenere tesi e argomentazioni irritanti per il sinistrume decadente; il coraggio di scegliere la linea dura e intransigente senza cedere al moderatismo della generale fascinazione elettorale.
Questa volta, però, voglio evidenziare una sua scivolata demagogica, almeno per definire le nostre reciproche differenze culturali.
A proposito dell’ampliamento della Legge n. 40 del 2004 sulla maternità surrogata – l’“utero in affitto” della vulgata popolare – che preveda la punibilità anche se avvenuta al di fuori del territorio nazionale, per altro già punita, Rizzo ha un giustificato, perché politico, cedimento.
Dice testualmente: “Come Partito Comunista non abbiamo nessuna intenzione di lasciare questa battaglia sacrosanta alle destre reazionarie che la cavalcano strumentalmente e che hanno un impianto ideologico e una concezione della donna e della famiglia agli antipodi delle nostre”.
Bene, onorevole Rizzo, andiamo per ordine.
Innanzitutto, sono stati per primi gli ordinamenti come quelli fascisti e nazionalsocialisti a difendere la dignità della donna nel campo della maternità, con l’istituzione di strutture per la difesa delle ragazze-madri, del lavoro femminile, del sostegno alle lavoratrici, fino ad inquadrarle in reparti militari come nella Repubblica Sociale: – altro che spalatrici di neve nelle Repubbliche sovietiche o staffette nelle organizzazioni partigiane. Per noi, donne e femmine insieme, mica accessori alle attività maschili.
Poi, la questione dell’affitto in comodato d’uso pagato è una derivazione del femminismo, certo non della mentalità della destra, anche se nel tanto declamato ’68 l’utero era dato in comodato d’uso gratuito. Sono le donne di sinistra a rivendicare l’autonomia del corpo rispetto all’uomo e la sua gestione egoistica rispetto ad ogni contratto sociale – non parliamo di legame che sarebbe un abuso concettuale. Che poi il capitalismo ci abbia messo lo zampino era ed è un evento scontato, che per principio non dovrebbe scandalizzare la sinistra in generale.
Infine, questa critica a certa “reazione” mi pare già etimologicamente fuorviante. Pur preferendo l’azione diretta alla reazione di rimbalzo, è evidente che c’è reazione, quindi se vogliamo ad una condizione precedente, nel momento in cui si deve denunciare, affrontare ed opporsi ad un presente intollerabile e iniquo. Reazione ad un qualcosa di intollerabile che ci riporta ad un precedente accettabile e da rimpiangere.
Provocatoriamente, se fossi comunista, direi che è diritto delle donne offrire, affittare e regalare utero e accessori in nome di quei diritti all’autodeterminazione che da sempre sono stati i cavalli di battaglia della sinistra progressista e anticonformista. E per quanto riguarda il rapporto economico, il proletario resta sempre un borghese mancato: non vuole cambiare l’uomo, ma evolverlo alla casta abbiente con il motore rivendicativo dell’invidia.
Per altro, detto tra noi in questo dignitoso duello ideologico, comunismo e capitalismo sono due facce della stessa medaglia, in cui l’uomo è sempre oggetto e strumento: del lavoro e del partito, nel primo; del consumo e del capitale, nel secondo.
Così è, anche se non vi pare.
L’utero è mio e lo gestisco io
