Macron e Marine Le Pen al ballottaggio, Mélenchon a un passo da Marine con un risultato straordinario, Zemmour e Pécresse molto al di sotto delle previsioni dei sondaggi, la socialista Hidalgo spazzata via, i Verdi inconsistenti. Il primo turno delle presidenziali francesi incorona, di fatto, Macron che si ritrova la strada spianata verso la riconferma.
Non sono i circa 5 punti di vantaggio a trasformare il presidente uscente nel probabile presidente rientrante, bensì l’immancabile riflesso pavloviano di tutti i candidati bocciati. A partire da Mélenchon che ha compiuto una grande impresa e che ora è pronto a buttare a mare tutte le proposte di carattere sociale pur di far perdere Marine Le Pen. E pazienza se Macron ha già annunciato che innalzerà l’età della pensione dopo aver già favorito la fascia più ricca della popolazione transalpina negli ultimi 5 anni.
Ma anche la disastrosa Pécresse, teoricamente neogollista, ha già dichiarato che al ballottaggio voterà Macron pur non avendo chiesto di fare altrettanto ai suoi sempre meno numerosi seguaci. Anche per lei la politica sociale del gollismo originale può essere mandato in soffitta in nome del nuovo corso liberista ed atlantista delle “buone destre” francesi. Perché Macron, eletto come rappresentante del centrosinistra transalpino in fuga da un partito socialista distrutto da vertici incapaci ed arroganti, viene ora presentato come esponente di una destra moderna ed apprezzata a livello internazionale.
Una sorta di Renzi in salsa d’Amiens. Molto più capace in politica estera, altrettanto disastroso sul fronte interno. Ed il 28% dei consensi, dopo 5 anni di guida della Francia è un risultato modesto. Sufficiente per vincere, ma comunque modesto.
Sul fronte opposto Marine Le Pen non ha sfondato nonostante il suo processo di progressiva moderazione. Ma è andata molto peggio a Zemmour che ha cavalcato l’islamofobia, la lotta contro l’immigrazione, l’estremismo di quella che i politicamente corretti definirebbero “cattiva destra”. Insieme, le due destre raggiungono il 30%, troppo poco per sperare di ribaltare la situazione in due settimane.
Ma la situazione, a destra, potrebbe peggiorare nel voto di giugno per l’Assemblea Nazionale. Perché il partito di Le Pen è in forte difficoltà organizzativa e politica mentre Zemmour deve ancora iniziare a costruirsi una formazione credibile. Così, paradossalmente, le varie destre che sono complessivamente maggioritarie nell’Esagono si ritroveranno ad essere totalmente irrilevanti. Una perfetta lezione per le destre italiane.