Come da copione: Macron ritorna all’Eliseo e Marine Le Pen finisce la sua avventura come candidata ricorrente alle presidenziali. La Francia sceglie di non cambiare, di riaffidarsi al “presidente dei ricchi”. Beh, insomma, non proprio la Francia. La partecipazione ha superato di poco il 63% ed il presidente rientrante non è arrivato al 60% mentre Madame Le Pen ha ottenuto il record dei consensi nella storia della destra reale, superando il 40%.
Ma, soprattutto, il voto ha esasperato il contrasto – sempre più netto, sempre più profondo – tra Parigi e la Francia profonda. E solo la stupidità di Mélenchon ha permesso a Macron di guidare l’Esagono per i prossimi 5 anni. Pur di non far vincere Marine Le Pen, nonostante la dédiabolisation, ha riconsegnato la Francia a chi aveva provocato la rivolta del gilet jaunes, a chi ha ridotto i servizi per la Francia profonda, a chi ha accettato che l’anima della Francia venisse svenduta alle grandi dinastie finanziarie, a chi si è trasformato nel maggiordomo di Biden, a chi ha lasciato mano libera ai delinquenti nelle banlieues.
Ed è piuttosto ipocrita che il leader della sinistra prospetti ora una opposizione dura contro Macron dopo essere stato determinante per la sua rielezione.
Quanto alle destre, è evidente che dovranno iniziare a lavorare insieme se vogliono davvero cambiare il quadro complessivo della politica transalpina. Cominciando dalle imminenti elezioni politiche. Perché Macron ha vinto puntando sul “non voto” della sinistra per Madame Le Pen, ma il primo turno ha evidenziato una maggioranza antisistema, tra estreme destre ed estrema sinistra. E la Francia, benché sia una repubblica presidenziale, non potrebbe ignorare un voto politico che metterebbe in minoranza il presidente appena rieletto.
Però le destre dovrebbero riuscire, finalmente, a dotarsi di un progetto credibile e realizzabile. Con esponenti altrettanto credibili, che offrano un’immagine di competenza, di professionalità nei vari ambiti di cui si occupano. Perché non solo i parigini ma anche gli abitanti della Francia profonda, più o meno rurale, hanno il sacrosanto diritto di farsi rappresentare da personaggi capaci, in grado di confrontarsi con i funzionari usciti dall’Ena e dagli altri centri dove si formano i burocrati di stato.
Si può anche vincere contro Parigi, ma costituendo un contropotere con forti radici nei territori che si sentono sfruttati dall’egoismo della capitale. La Francia dei tanti castelli può ribellarsi ai diktat che tutelano esclusivamente gli interessi del potere asserragliato a Parigi.